dal: 28-02-2017 al: 12-03-2017
Terminato
Via Pier Lombardo, 14, 20135 Milano
Tel: 02 599951

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SCHEDA SPETTACOLO: UNA CASA DI BAMBOLA

Stagione 2016-2017
Di Henrik Ibsen
Regia di Andrée Ruth Shammah
Cast Andrea Soffiantini, Angelica Gavinelli, Filippo Timi, Marco De Bella, Mariella Valentini, Marina Rocco e Paola Senatore
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana e Teatro Franco Parenti
Recensione di: Diego Vincenti Voto 2

Uno e trino. Onnipotente Filippo Timi. Tanto da cambiare Casa di Bambola di Ibsen, rubare la scena a quella ribelle di Nora, occupare la locandina. Dove nei panni di Torvald appare disperato e solo. In un ribaltamento di prospettiva che sfiora la misoginia. Revisionismi. A rincorrere l’idea base del progetto: inquadrare l’attore umbro in un classico guidato da Ruth Shammah. Nel tentativo da una parte di limitarne l’anarchica esuberanza, dall’altra di focalizzarsi sul suo talento, grazie al virtuosismo di interpretare i tre ruoli maschili. E già ci si può immaginare forzature narrative ed escamotage scenici per rendere il tutto plausibile, mentre Timi passa da un personaggio all’altro con un cambio d’abito, un tono di voce. La storia è nota. La capricciosa Nora è sposata con l’avvocato Torvald, che confonde l’amore con i vezzeggiativi. Il suo tran tran borghese è agitato da Krogstad, uomo ambiguo che la ricatta per un vecchio debito, minacciando uno scandalo. Si risolve tutto in nulla, ma Nora scopre di aver sposato un meschino e decide di abbandonare lui e i figlioli per andare a riflettere. Per questo viene considerata una proto-ribelle. Ambigua certo, ma ribelle. Qui interpretata in maniera fragile (ma dignitosa) dalla biondissima Marina Rocco. E non dispiace nemmeno la solidità di Mariella Valentini. Molto più fragile invece un Timi che non sembra a proprio agio con nessun ruolo se non con se stesso. E infatti l’ego prorompe improvviso, con un ammiccamento al pubblico, un sorriso, una parola di troppo. È la natura istintiva, impossibile da domare come il braccio del Dottor Stranamore. Quel carisma enorme in bilico fra il grande attore e il seduttore seriale. Che fa crollare in un batter di ciglia il castello di carte della Shammah. La cui regia riesce solo a frustrare se stessa e il suo prediletto. L’iniziale sensibilità filologica a Ibsen, si trasforma così in un allegro carillon di macchiette perfettamente illuminate e accolte in una scena tiepida e borghese. Puntando forte sulle (presunte) atmosfere thriller del testo. E sulle caratterizzazioni. Tanto da sfiorare l’imbarazzo quando la si butta nuovamente in caciara durante il faccia a faccia conclusivo. Peccato. Le potenzialità erano notevoli. La sensazione quella di un’occasione persa.