dal: 30-10-2015 al: 08-11-2015
Terminato
Via Ippocrate, 45, 20161 Milano
Tel: 02 66200646
Prezzi: 10 > 15 €

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SCHEDA SPETTACOLO: SLOT MACHINE

Stagione 2015-2016
Di Marco Martinelli
Regia di Marco Martinelli
Cast Alessandro Argnani
Una produzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro
Recensione di: Ilaria Angelone Voto 4

Sembra un piccolo spettacolo l’assolo Slot machine di Marco Martinelli e invece, appena il buio della prima scena si dirada, capisci subito che quello che ti aspetta è una complessa prova d’attore, al centro di uno spettacolo dove la regia è di un rigore geometrico che nulla toglie al potere evocativo e poetico delle parole.

Emerge dal buio con una risata Doriano, un uomo di campagna, nato, cresciuto, formato dalla terra su cui suo padre e sua madre si sono spaccati la schiena. Povero? No. Abbastanza benestante da permettersi le macchine, i divertimenti, le scommesse. È così che si comincia. Un giro alla sala scommesse, puntare ventimila lire e vincere tre milioni, e si è perduti. Come stregati. Inghiottiti da quei fossi che sembrano pozzanghere e invece lentamente ti invischiano ché non ce la fai più a venirne fuori. Il testo di Martinelli è il racconto in presa diretta di questa discesa agli inferi senza ritorno, dalle scommesse alla slot machine, attraverso i debiti verso tutti, le bugie, i raggiri ai genitori, agli amici, ai conoscenti, la solitudine che ti corrode la mente, le finanziarie, gli strozzini. Fino in fondo, fino alla fine, senza redenzione, perché redenzione non c’è, come non c’è speranza.

Nasce come opera in musica per il festival di Spoleto, questo bello spettacolo di Marco Martinelli, dove al monologo dell’attore si accompagnavano le voci di due cantanti che, in scena, figuravano come demoni (gli scagnozzi dello strozzino) alla caccia della loro vittima da punire. Ora i cantanti e l’ensemble musicale non ci sono più, ma restano le musiche di Cristian Carrara, una drammaturgia sonora capace di suggerire il buio di un’anima persa nelle proprie profondità. Nera e inquietante la scena (di Ermanna Montanari), sulla quale sono elementi pieni di senso gli specchi, a restituire al pubblico il volto smarrito dell’attore e il suo corpo intero disteso su un tavolo che evoca soltanto quello di un obitorio, e poi gli alberucci spogli segno di una natura lontana e muta, e le luci, tagli feroci che non dissipano mai completamente la notte in cui è immerso il personaggio. Alessandro Argnani regge alla perfezione il lavoro, restando sul limite dell’immedesimazione, ma prendendo su di sé tutto il male della malattia di cui Doriano è vittima consenziente, tragico tramite delle parole di un testo bello, poetico e duro, capace di immagini potenti, di una desolazione infinita quanto dolorosa, tanto vicine a ciascuno di noi da fare male.