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SCHEDA SPETTACOLO: IL TURISTA
I testi di Bruno Fornasari sono un impasto di politica applicata alle contingenze in continua trasformazione dei nostri giorni, sono un modo, affatto buonista, per niente conservatore, tutt’altro che consolatorio, di declinare gli accadimenti planetari e come questi influiscano nel nostro andamento quotidiano. In questo sistema insicuro e incerto, prevedere il futuro risulta impossibile e a pagarne le conseguenze è la fascia media, siamo noi. Fornasari non ha paura di sembrare scorretto o caustico, pessimista e negativo, anche se condisce il tutto con una patina di acida ironia. Se nel suo penultimo N.e.r.d.’s erano le ipocrisie familiari al centro del ragionamento, ne Il turista si accende il tema degli stranieri, tra integrazione rassegnata o invasione subita.
E allora in scena c’è un personaggio con addosso la maglietta dell’asso argentino Messi (Tommaso Amadio, sempre gagliardo) come il bambino profugo divenuto icona della commozione facile, l’aver investito un indiano rimanda ai nostri Marò sotto processo a Nuova Delhi. Siamo prigionieri delle nostre paure e vogliamo una vita da perenne turista, anche quando siamo casalinghi: senza responsabilità, leggeri, volendoci preoccupare soltanto di essere felici.
Il turista è nerissimo: cosa siamo disposti a fare, quali bugie siamo disposti a dire, anche a noi stessi, per far finta che tutto vada liscio? Chi siamo disposti a eliminare per avere una vita serena, per sentirci al centro di un mondo creato per il nostro piacere? Tre figure (impossibile dare dettagli sulla storia senza rivelare i colpi a effetto) si dividono tra cattiveria e sensi di colpa, immersi in quel liquido amniotico di moralità, falsa o presunta, che ci fa sotterrare con scioltezza gli scheletri nell’armadio, assolvendoci di volta in volta, alzando l’asticella di quello che ci possiamo permettere, rimanendo umani e misericordiosi con lo straniero fin quando è bidimensionale sullo schermo.