dal: 07-02-2017 al: 12-02-2017
Terminato
Via Pier Lombardo, 14, 20135 Milano
Tel: 02 599951

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SCHEDA SPETTACOLO: TRUMAN CAPOTE QUESTA COSA CHIAMATA AMORE

capoteAMORE-milanoinscena
Stagione 2016-2017
Di Massimo Sgorbani
Regia di Emanuele Gamba
Cast Gianluca Ferrato
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana
Recensione di: Fabrizio Sebastian Caleffi Voto 1

«Quello che Billi Holiday è per il jazz, quello che Mae West è per le tette, quello che il Seconal è per i sonniferi, quello che King Kong è per i cazzi, Truman Capote è per il grande dio Tespi» disse Capote della sua interpretazione as himself in Murder to Death, il film di Neil Simon. Esagerava. Ma Truman Capote poteva permettersi di esagerare. Per salire sulle spalle di quel Gigante Nano (cfr.Wedekind) bisogna essere all’altezza della sua bassezza. Gianluca Ferrato è bravo, pur se paolopoleggia un po’ e non sarebbe il caso. La regia è piuttosto…in Gamba. Però quel poco di drammaturgia che c’è rovina tutto; quando si fa della fiction, si può scrivere tutto. Però bisogna avere un’idea di fondo forte e valida e una sensibilità adeguata. Per quanto riguarda in specifico la recitazione, il compiaciuto Ferrato perde il confronto non solo con il compianto e rimpianto Hoffman del biopic dedicato allo straordinario reporter di ln a Cold Blood, ma anche con i 5’ di interpretazione cinematografica a sangue freddo della figura di Capote dell’attore italo-finnico Mikko Freeman nel film The Little Big Band (La Petite Bande). Chiunque voglia divertirsi al tragicomico gossip maligno e accompagnare al ballo in b/n al Plaza -che non c’è più- la sua o il suo personale Holly Paley investa il prezzo di una poltrona teatrale nell’acquisto di Si sentono le Muse (qui non si sono sentite se non nell’eco delle citazioni) e di Preghiere esaudite, racconti in cui davvero Truman interpreta se stesso nell’aka P.B Jones.
Andato in scena a Milano nella settimana del festival di Sanremo, lo spettacolo Questa cosa chiamata amore illustra il paradosso secondo cui c’è più cultura in un monologo di Crozza che cita Philip Roth e in una canzonetta vincente che allude a Desmond Morris che in un monologo ispirato a (ma non da) Capote. Ringraziando per la partecipazione involontaria Norma Jean e Marilyn (anche lei in versione obitorio)… namastè, olè.