Calcola percorso
Potrebbe interessarti anche
Guarda come nevica 1. Cuore di Cane
Elephant woman
DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI
THE BLACK’S TALES TOUR
SCHEDA SPETTACOLO: LA BEATITUDINE
«Beati i bambini che sorridono alla mamma. Beati gli stranieri e i soufflé di panna». Se suonano controcorrente oggi, figurarsi nel 1981, quando venne pubblicata postuma la canzone che chiude lo spettacolo di Fibre Parallele. Qualcuno potrebbe anzi pensare che proprio da là, dal repertorio dello scanzonato Rino Gaetano, sia tratto il titolo che il gruppo ha scelto per la nuova produzione.
La beatitudine solca invece ben più pensosi campi, costeggiando il versante di un Disagio della civiltà freudiano. Scherziamo ovviamente, perché riesce sempre più complicato inquadrare i veloci sviluppi del tandem artistico formato da Licia Lanera e Riccardo Spagnulo. Fino a ieri sulfurei, ultracontemporanei, a volte anche loro scanzonati performer (Furie de sanghe), ma oggi alle prese con impegnative domande (anticipate nel prologo) che hanno il sapore degli antichi quesiti pirandelliani su verità e finzione teatrali.
Il segreto per aprirsi alla Beatitudine è probabilmente quello di non prenderli (e non prendersi) troppo sul serio. Anche quando la drammaturgia (firmata da Spagnulo) pare incartarsi su questioni di un certo peso. E la regia (firmata da Lanera) crea un set immobile sul quale gettare, come gettoni, i quattro personaggi in cerca di beatitudine.
Riccardo e Licia – personaggi e interpreti coincidono, con un disturbante effetto-realtà – sono una coppia devastata da una gravidanza mancata. Danilo e Lucia (idem) sono un figlio disabile e una madre iperprotettiva. Infelici tutti nella gabbia del proprio ruolo, resi schiavi dalla protesi che li incatena: un fantoccio di plastica, surrogato del bambino, nel primo caso, la sedia a rotelle nell’altro. Basta però che un Mago (in realtà il Caso, o il Destino in carne e ossa) scambi i fattori delle coppie e il buio del disagio si rischiara, con risultati appaganti, anche sessualmente. Lucia Zotti, 78 anni, una sensualità matura che non teme di mostrarsi, è la bella scoperta di queste beatitudini, cui Ára Bátur degli immancabili Sigur Rós fa da controcanto. Ironico. Un po’ come Rino Gaetano.