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SCHEDA SPETTACOLO: Generazione Disagio. Dopodichè Stasera Mi Butto
Prima, televisione e cinema copiavano il teatro. Quando ancora la spettacolarizzazione mediatica distava anni luce dall’esuberanza attuale. E l’arte dal vivo, sul palcoscenico, dettava legge per consenso popolare. Resta e rimarrà, il teatro, la forma artistica più efficace, più emozionante, più vivida. Cedendo lo scranno però, in termini di audience, a piccolo e grande schermo (e ci si è messo pure il web), dai quali “ruba” quando non s’imbatte in una sterile competizione.
Scimmiotta il format televisivo lo spettacolo Generazione disagio. Dopodiché stasera mi butto dei giovani milanesi per niente disagiati davanti alla platea. Anzi, perfettamente a loro agio con padronanza vocale ed emotiva, in funzione delle esigenze di copione, codici squisitamente teatrali pur non troppo evidenti e un disegno registico sapiente, essenziale. Per parlare a tutti i tipi di pubblico, unito dal provare piacere (sfrenato in alcuni momenti) e divertimento goliardico, leggero. Sì, si può dire di crisi, precariato, futuro illusorio, o del disagio di un’intera generazione tagliata fuori dai giochi (quella dai 25 ai 40), esagerando con l’ironia, sbeffeggiando la tragedia.
E il palco diventa uno studio televisivo dove va in scena un macabro gioco di società, un singolare gioco dell’oca dove si vince il suicidio. Espiazione desiderata alla mortificazione di una vita misera. La generazione dei cloni delle starlette da piccolo schermo. La generazione dei social boy internet dipendenti. L’attuale in finzione scenica, eccedendo, destabilizzando. Il teatro è politica anche fendendo con la beffa. Forse i ragazzi si lasciano prendere un po’ la mano traboccando, a volte, con il trash. L’ossatura dello spettacolo ricalca codici ben definiti: drammaturgia oggettiva iconografica, partitura canonica non visibile, segno e metafora più o meno identificate e una dialettica che non conosce sintesi, postdramatique.