dal: 11-09-2015 al: 20-09-2015
Terminato
Viale Emilio Alemagna, 6, 20121 Milano
Tel: 02 72434258
Orari:

giovedì-mercoledì-venerdì-sabato ore 20:00

domenica ore 16:00

Prezzi: € 22-11 + prevendita €

Calcola percorso

SCHEDA SPETTACOLO: LETTER TO A MAN

Stagione 2015-2016
Di Christian Dumais-Lvowski dai Diari di Vaslav Nijinsky
Regia di Robert Wilson
Cast Mikhail Baryshnikov
Una produzione Baryshnikov Productions e Change Performing Arts
Recensione di: Claudia Cannella Voto 3.5

Vaslav Nijinsky (1889-1950) era un giovane allievo della scuola di danza di San Pietroburgo quando, nel 1909, il luciferino impresario dei Balletts Russes, Sergej Diaghilev, suo pigmalione e amante, lo lanciò sulla scena parigina. La prorompente e sensuale fisicità, la modernità delle sue più note e “scandalose” coreografie (L’après-midi d’un faune e Le sacre du printemps) ne fecero in breve tempo la star più osannata d’Europa. Ma la follia era in agguato e la sua parabola professionale si sarebbe esaurita nell’arco di un decennio, complice anche il matrimonio con l’aristocratica ungherese Romola de Pulszky e la gelosia di Diaghilev che lo caccerà dai Ballets Russes.

Alle soglie della malattia mentale, che dal 1919 alla morte, nel 1950, lo avrebbe costretto a continui ricoveri in cliniche psichiatriche, Nijinsky scrive tre quaderni (Diari, Adelphi, 2006), in cui, grande scrittore involontario, intreccia, con doloroso candore e lucido delirio, luci e ombre della sua anima, prostrata fino a una mistica identificazione con Cristo, e la sua visione personale di quei tempi, dei Ballets Russes, della guerra e di celebri personaggi con cui aveva avuto a che fare, Diaghilev e Stravinsky in testa, ritratti a tinte non certo idilliache.

Materiali incandescenti, questi Diari, che si trasformano nel debutto più atteso di Spoleto in virtù della rinnovata accoppiata Wilson-Baryshnikov, già sperimentata in The Old Woman (2013), novella surreale di un altro russo, Daniil Kharms. Ma non aspettatevi uno spettacolo di danza. I diari di Nijinsky vengono utilizzati, scarnificati a poche ed essenziali battute, per tracciare lo straziante autoritratto di un uomo attraverso la testimonianza di quell’inesorabile e progressiva discesa nella follia che lo avrebbe allontanato dai palcoscenici e condotto alla morte.

Partendo da questi scritti, Robert Wilson, con la sua inconfondibile cifra stilistica, ha creato una rigorosa partitura di suoni inquietanti, gelidi tagli di luce e sfumate videoproiezioni in quelle meravigliose nuances che solo lui sa fare, trascoloranti dal fucsia al blu. È l’habitat della follia in cui agisce Baryshnikov- Nijinsky, in frac e volto bianco di biacca, sorriso beffardo e qualche stilizzato passo di danza. Poche le parole, ossessivamente ripetute, monotone e senza alcun intento narrativo a rendere la lucida follia di quel genio fragile, a cui fa da contraltare la solarità del suo interprete. Così vicini, così lontani. Un’operazione seducente, che però lascia inevasa una domanda, o forse un desiderio. Perché non chiedere di più a Baryshnikov, che è anche un bravo attore? Così la fascinazione rimane più legata al suo nome che all’interpretazione, perché in fondo, dietro quella maschera bianca, che contribuisce a renderlo irriconoscibile, avrebbe potuto esserci chiunque.