dal: 12-01-2017 al: 29-01-2017
Terminato
Via Alessandro Manzoni, 42, 20121 Milano
Tel: 02 763 6901
Orari:

Martedì – sabato: ore 20.45
Domenica: ore 15.30

Prezzi: 20 < 34 €

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SCHEDA SPETTACOLO: TRADIMENTI

Stagione 2016-2017
Di Harold Pinter
Regia di Michele Placido
Cast Ambra Angiolini, Francesco Biscione e FRANCESCO SCIANNA
Una produzione Goldenart Production
Recensione di: Alessandro Toppi Voto 0

Del Tradimenti di Michele Placido contano i dettagli, verbali e motori. Placido, infatti, tiene fede al testo di Harold Pinter, aggiungendo o togliendo qualche battuta, e cerca di caratterizzare il dettato sul piano gestuale. Bene dunque l’ampliamento delle pause, per acuire dubbi e incertezze di trama; bene l’intensità corporea degli attori perché la verbalità, fredda in apparenza, abbia carnalità veritiera; bene la scena dove tavoli, sedie e poltrone fanno da pub, casa, stanza d’albergo e alcova sessuale e dove grandi schermi/specchi rimandano a un esterno cangiante e simbolico (la pioggia, un raggio di sole, il mare di Venezia, la Londra anni ‘70) che moltiplica la visione dei personaggi, riflettendone la recitazione menzognera , l’ipocrita condotta (a)morale. Così certe ambiguità (da quanto Emma ha una storia con Casey? Judith ignora davvero l’infedeltà del marito? Ned è figlio di Jerry o di Robert?) permangono, rafforzate. Tuttavia l’interpretazione registica calca troppo il dato erotico-sentimentale, l’intreccio lui/lei/l’altro, tralasciando la pluri-significatività dell’opera. I veri Tradimenti di cui scrive Pinter non avvengono a letto: si tradiscono amici, consorti e amanti, non dicendo il vero; si tradisce se stessi, dimenticando valori e petizioni di principio; si tradisce il rapporto tra linguaggio e realtà, affermando il contrario di ciò che è avvenuto. Di questa decadenza individuale e collettiva – che genera isolamento, tacita disperazione, odio per gli anni che passano e le scelte compiute o mancate – non c’è alcuna traccia nello spettacolo ed è una mancanza grave, che va unita ad altre più lievi: la banalità dei “cazzo” a sporcare i colloqui; la facile trovata visiva delle lancette che vanno in senso antiorario per indicare l’andamento a ritroso; l’orpello delle citazioni di Yeats o degli “a-parte” in aggiunta per dire di più rispetto a una drammaturgia contraddistinta invece da sottrazione, mancanze, allusività. Convince la prova attorale complessiva; d’accompagnamento le musiche di Luca D’Alberto, che servono a produrre rimandi di senso o suggestioni d’epoca, e le luci di Giuseppe Filipponio, che realizza interstizi di buio per separare i nove quadri di cui si compone l’opera.