dal: 11-05-2016 al: 12-05-2016
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

sala Fassbinder
MER-GIO: 19:30

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: REALITY

Stagione 2015-2016
Di Mariusz Szczygieł (dal reportage "Reality")
Regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
Cast Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
Una produzione A.D., Festival Inequilibrio/Armunia e ZTL-Pro
Recensione di: Diego Vincenti Voto 3.5

In equilibrio. Instabile. Fra la tangibilità di un gesto e il pensiero che lo provoca. La cronaca e l’emozione che vi si nasconde dietro. Riflessione legittima, specie di fronte al curioso caso della signora Janina Turek, casalinga di Cracovia che per mezzo secolo annota su centinaia di diari la banalità del quotidiano (il male?): incontri, regali, trasmissioni televisive, partite a domino, pranzi e quant’altro potesse rientrare in 36 macrocategorie. Per nobilitare o (s)mascherare l’orrore esistenziale? Di certo una maniacalità autistica, vissuta nel segreto e scoperta solo alla morte della donna, grazie a uno splendido racconto- reportage di Mariusz Szczygiel.

Da qui muovono Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, per Reality, un nuovo viaggio dall’Est ispirato, in una scena dal sapore minimalista- proletario che ricorda il Decalogo kieslowskiano e in cui è un continuo creare e smontare piccoli ambienti di piccoli oggetti composti. Delicatezza che affascina. Rincorrendo la sterilità aritmetica di numeri ripetuti come mantra, sgranati neanche fossero rosari, mentre il pensiero corre veloce verso ipotesi, sogni, possibilità. E allora ecco la messinscena della morte della donna, un malore per strada mentre rientra dal mercato, forse il momento più dinamico del lavoro, ancora allegro (per assurdo), ancora giocoso. Poi giù verso un abisso di solitudine. Negli angoli più bui di un’esistenza conosciuta solo nella sua bidimensionalità, foglio bianco da riempire seguendo flebili canovacci. Cosa infatti si potrebbe mai immaginare delle nostre stesse vite, se le asciugassimo delle emozioni?

Il gioco si fa fin troppo facile. Viene in mente Kundera. E forse anche un po’ ingiusto nei confronti della stessa Turek. Che oltre a scriver diari, la vita la viveva e si (auto) inviava pure cartoline dalla bellezza disarmante. Come quando già anziana rivela (a se stessa?) l’importanza della metafisica nel suo pensiero o la necessità di smettere d’essere inquieta. A ottant’anni! Sfumature. Qui appena accennate, in conclusione. E che forse avrebbero meritato maggior sviluppo. In un lavoro comunque curatissimo, di gesti minimi e confidenziali, che parte da un grande spunto narrativo, s’innamora della parola, ma trova nell’impatto visivo-estetico forse il punto di maggior quadratura. Un po’ il fascino di certe grafiche anni Settanta. E ci si commuove.