dal: 01-03-2016 al: 13-03-2016
Terminato
Largo Greppi, 1, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Morte di Danton

Stagione 2015-2016
Di Georg Büchner
Regia di Mario Martone
Cast Beatrice Vecchione, Denis Fasolo, Fausto Cabra, Giuseppe Battiston, Iaia Forte e Paolo Pierobon
Una produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Teatro Nazionale
Recensione di: Laura Bevione Voto 3.5

La rivoluzione francese, il Terrore, certo: ma la vicenda storica – o, meglio di cronaca, ché Morte di Danton venne composto appena quarant’anni dopo i fatti narrati, nel 1835 – è per Büchner quasi un pretesto per una lucida riflessione sull’inanità del desiderio umano di cambiamento e di rivoluzione. Un’interpretazione del dramma condivisa da Mario Martone, pur nella sua filologica messa in scena – nessun taglio e ben trenta attori a coprire i molti ruoli previsti – incorniciata da file di sontuosi e duttili sipari rossi.

Spessi tendaggi che consentono di creare i molti luoghi del dramma frazionando il palcoscenico e sfruttando altresì la platea, nella quale sovente irrompono gli attori, in particolare nei frangenti corali. Scene la cui volontà di richiamare una piazza è amplificata dall’utilizzo di voci registrate ad avvolgere gli spettatori nella folla del popolo parigino – che qui, nondimeno, ha sovente accenti napoletani. Particolare che evidenzia quanto l’intento filologico di Martone venga comunque subordinato alla pressante esigenza di sottolineare quella sottile indagine dell’animo umano compiuta dal medico Büchner.

Obiettivo che spiega la minore riuscita delle scene corali – un po’ di maniera malgrado la bravura dei giovani attori – rispetto a quelle in cui prevale la dialettica filosofico-esistenziale e nelle quali risalta l’alta qualità degli interpreti – fra i tanti il Saint-Just di Fausto Cabra, il Desmoulins di Denis Fasolo – ma soprattutto il Robespierre, luciferino e irresistibile, di Paolo Pierobon, una sorta di Mefisto minacciato da un’incipiente follia: la fragilità umana che si prende la rivincita sull’arrogante illusione umana di modificare le imperscrutabili leggi che governano l’esistenza. Un’interpretazione magistrale che offusca il Danton di un Giuseppe Battiston che pare incapace di rintracciare la chiave per fare proprio un personaggio i cui moventi e sentimenti rimangono, dunque, pallidi e incerti. Tentano di chiarirli le, pur diversissime, figure femminili che lo circondano: la moglie Julie – una morbida e comprensiva Iaia Forte, l’amante Marion – una convincente Beatrice Vecchione, e Lucile, moglie dell’amico Desmoulins, cui Irene Petris dona sofferta e disperata forza, fino alla scena finale, quando, consapevole del proprio destino, rimane in piedi sotto la ghigliottina che pende sul suo capo, una sorta di arcana divinità contro cui – ammonisce Büchner – è inutile, e pur tuttavia necessario, combattere.