dal: 03-11-2016 al: 13-11-2016
Terminato
Via Pier Lombardo, 14, 20135 Milano
Tel: 02 599951

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SCHEDA SPETTACOLO: LE VARIAZIONI GOLDBERG

Stagione 2016-2017
Di George Tabori
Regia di Luca Micheletti
Cast Barbara Costa, Claudia Scaravonati, Luca Micheletti, Marcella Romei, Michele Nani, Pietro De Pascalis e Rossella Spinosa
Una produzione Compagnia Teatrale I guitti in Residenza e produzione Teatro Franco Parenti
Recensione di: Roberto Rizzente Voto 2

Lui, George Tabori, è uno dei più originali (e, nonostante questo, meno conosciuti dal grande pubblico) autori emersi dall’Europa dell’Est nel secondo dopoguerra. Allievo dichiarato di Brecht, mette al centro dell’opera una dissacrante revisione delle tragedie del Novecento: il fallimento del Sacro, la perdita di sé, la Shoah, con un coacervo di parole, linguaggi, riferimenti culturali, anche dalla Bibbia. Nella messa in scena delle Variazioni Goldberg, mai rappresentate in Italia, Luca Micheletti pare subire il peso di tanta densità. Si percepisce, nel pur talentuoso regista, Premio Ubu 2011, l’ambizione di dire tutto, comprendere tutto. Ma, proprio per questo, lo spettacolo prodotto dal Parenti vola alto, troppo, avvitandosi in una speculazione fine a sé stessa, che addensa temi, estetiche, invenzioni, si compiace delle citazioni, Dostoevskij, Kafka, Freud, Canetti, Strasberg, Artaud senza davvero trovare una chiave di lettura, un punto gravitazionale. A partire dalla scenografia, una stanza anecoica che vuole farsi parafrasi di quell’opera-mondo evocata dal titolo della pièce, omaggio alle Variazioni di Bach e alla performance di Glen Gould. Un  grado zero, nell’infinito territorio delle possibilità, che allude tanto ad una problematica rifondazione dell’esistente quanto al mistero della creazione artistica, coerente alla costruzione immaginata da Tabori, ma troppo ermetica per essere apprezzata davvero. Sul piano del linguaggio, tutto, poi, si mostra, viene convocato a nozze, il cabaret, la farsa, il cinema muto, con un affastellarsi di codici fin troppo cacofonico e sconnesso. Gli stessi personaggi, ben descritti da Tabori, in niente sfigurando da quelli di un Beckett, appaiono stinti, abbozzati, sono macchiette, inchiodati ad una recitazione perennemente sopra le righe e marcatamente televisiva, che non conosce i silenzi, i momenti del dubbio, dello spaesamento, disinnestando quelle gag, i witze che, più che da un divertissement intellettuale, nascono dalla relazione tra figure a tutto tondo, il contrasto tra la bonomia dell’assistente, Goldberg, e i capricci del regista, Mr. Jay. Priva della necessaria (e meditata) leggerezza, la drammaturgia di Tabori si sterilizza, così, in una collezione di sketch asettica e cerebrale. Lettera morta che non incide, vola via e diverte solo a sprazzi, poco lasciando dell’eredità che il grande drammaturgo ha voluto consegnare.