dal: 16-12-2016 al: 22-12-2016
Terminato
Via Ciro Menotti, 11, 20129 Milano
Tel: 02 3659 2544
Orari:

lunedì riposo
martedì, giovedì, venerdì, sabato ore 20.30
mercoledì ore 19.30
domenica ore 16.30

Prezzi: 12,50 < 25 €

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SCHEDA SPETTACOLO: LE OLIMPIADI DEL 1936

Stagione 2016-2017
Di Emilio Russo, Federico Buffa, Jvan Sica e Paolo Frusca
Regia di Caterina Spadaro e Emilio Russo
Cast Federico Buffa
Una produzione TieffeTeatro Milano
Recensione di: Alessandro Toppi Voto 3

I minuti migliori di Le Olimpiadi del 1936 sono i trenta in cui Federico Buffa è Federico Buffa ovvero: il più bravo dicitore italiano di sport.
Buffa lascia l’assito e – accovacciato tra palco e platea – narra imprese e dolori di Jessie Owens: avviene così un’appassionata trasmissione tra chi parla e chi ascolta, tra chi è guardato e chi guarda. Questi trenta minuti sono l’inizio della seconda parte d’uno spettacolo che – detto dell’alta qualità drammaturgica – offre estetismo fine a se stesso (esempio: i bauli nell’angolo posteriore sinistro, metafora di storie riposte che tornano a farsi vedere) e che induce un narratore ad agire come fosse un attore: pur non essendolo. Ecco perciò l’attaccapanni in proscenio, al quale appendere cappello e soprabito; il lampadario, acceso quando si proiettano stralci di Olympia di Leni Riefenstahl; il tavolino con bottiglia e bicchieri, per un sorso che è solo un’aggiunta motoria; ecco il ballo con Cecilia Gragnani (metafora di tempi ricordati e che ora spariscono, con la chiusura del sipario) e i dialoghi con Alessandro Nidi, il pianista, che gli fa da spalla e che ha il compito – con la Gragnani – di evocare musicalmente l’epoca di riferimento. Il testo – che prima ci porta ai «giorni dell’estate del ‘36» e poi ne condivide le sue storie più belle – funziona alternando prima e terza persona, reiterando frasi-chiave, accelerando e rallentando il suo ritmo e potrebbe perciò andare in scena senza gli orpelli canori che lo accompagnano (da La ballata di Mackie Messer di Weill a La storia siamo noi di De Gregori), senza le ridondanze retorico-letterarie (il sermone Prima vennero… di Martin Niemöller) che ne appesantiscono il contenuto. Basterebbe la parola di Buffa, insomma: di per sé bella come un romanzo.