Lunedì: riposo
Mercoledì, giovedì, sabato: ore 20.30
martedì e venerdì: ore 19:30
Domenica: ore 16.00
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SCHEDA SPETTACOLO: IL BORGHESE GENTILUOMO
Molière e Il borghese gentiluomo fanno ridere, e sorridere ancora. Non era affatto scontato, se ripensiamo ad altre edizioni degli ultimi decenni di questa immaginosa e prolissa commedia-balletto, inevitabilmente da riscrivere oggi, o almeno da tagliare in modo drastico e impietoso. Le musiche agili e brillanti di Antonio Sinagra, accompagnate dalle coreografie di Aurelio Gatti, prendono il posto dell’illustre partitura originale di Lully, ma era giusto così per un Borghese aggiornato adeguatamente, in maniera abile quanto accattivante.
Ma quello che più conta – lo ripetiamo – è che la regia di Armando Pugliese riesce a confezionare uno spettacolo godibile, davvero divertente, dalla comicità gustosa e immediata anche se sempre misurata. In linea con le caratteristiche di primattore “leggero” sempre più affidabile di Emilio Solfrizzi, che sa far ridere senza strafare, in maniera semplice, diretta, ma con garbo, con la sue facce e con trovate a volte facili ma non banali. Il meccanismo comico della pièce, insomma, funziona ancora, anche grazie all’apporto di tutti gli interpreti: dai due innamorati (Roberto Turchetta e Viviana Altieri) all’ottimo, dinoccolato Coviello di Cristiano Dessì, da Elisabetta Mandalari, Marchesa spiritosa e piccante, alle già note verve e personalità di Lisa Galantini, simpatica serva Nicole. Spiccano poi l’energia, la precisione e l’autorevolezza di interprete di Anita Bartolucci, impeccabile come sempre nei panni della moglie di Jourdain-Solfrizzi. Fanno nella maniera appropriata la loro parte anche tutti gli altri; leggermente più debole risulta solo la parte iniziale dello spettacolo, quella imperniata sulle lezioni dei maestri di danza e musica.
Giustamente, alla fine, si fa confluire tutto quanto nella Cerimonia Turca, che diventa qui la conclusione della vicenda: le maniacali, assurde ambizioni di nobiltà di Jourdain vengono quasi consacrate, sia pure grottescamente, nella sfera di una follia traboccante e fastosa che invade (sia pure per finta), la realtà. Resta l’unico, monsieur Jourdain, dei grandi personaggi comici di Molière che non viene né sconfitto, né amaramente disilluso o “convertito”.