Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30
*Sala soggetta a cambio d’orari.
Calcola percorso
Potrebbe interessarti anche
IL TURISTA
C’Ѐ UN DIRITTO DELL’UOMO ALLA CODARDIA. Omaggio a Heiner Müller
SLOT MACHINE
AMLETO FX
SCHEDA SPETTACOLO: AMORE E ANARCHIA
Può una persona essere pienamente nel mondo e al contempo sparire? E un attore in scena? Il Teatro delle Albe pare voler rispondere a questi interrogativi con Amore e anarchia, spettacolo che narra di una coppia di combattivi anarchici nati a metà Ottocento (Maria Luisa Minguzzi e Francesco Pezzi) e da circa un secolo residenti, non visti, nella scuola di San Bartolo, vicino a Ravenna (luogo dove il lavoro ha debuttato).
Due figure dialogano. Raccontano. Cantano. Mugugnano. Si commuovono. Sembrano domandarsi, come direbbe Woody Allen, «se un ricordo è qualche cosa che abbiamo o che abbiamo perduto ». Sono due ossimori: vivi e fantasmatici, desideranti e rappacificati, vicini e discosti. Interagiscono in e con uno spazio elegantemente geometrico che dà volume alla loro sdoppiata condizione attraverso materici contrasti: buioluce, bianco-nero, pieno-vuoto. Fanno del “confondere” (nel senso etimologico di “versare un elemento nell’altro”) la cifra dello spettacolo. Nella semioscurità della minuscola sala affondata nella campagna ravennate viene in mente Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders: là due umanissimi angeli, Damiel (Bruno Ganz) e Cassiel (Otto Sander), qui il co-fondatore del Teatro delle Albe Luigi Dadina e Michela Marangoni. Stanno in equilibrio, con destrezza, tra l’ineludibile “qui e ora” della (rap)presentazione e la condizione, propriamente surreale, nella quale ciò di cui resta traccia nella memoria non si sa se sia o meno un prodotto dell’immaginazione.
Non si pensi a fumosi concettualismi: Amore e anarchia è uno spettacolo di robusto teatro d’attore con un impianto tradizionalmente testocentrico e un copione costruito, anche con la consulenza degli studiosi Massimo Ortalli e Cristina Valenti, su basi storiche ben documentate. Dal punto di vista recitativo, Dadina aggiunge alla consueta rocciosità inedite sfumature di fragile morbidezza, mentre Marangoni dà prova di maturità, dopo un decennio di apprendistato alla bottega artigiana delle Albe: un lento, paziente allenamento alla sottrazione.