dal: 05-04-2018 al: 08-04-2018
Terminato
Largo Greppi, 1, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: THE YEAR OF CANCER

Stagione 2017-2018
Di Hugo Claus
Regia di Luk Perceval
Cast Gijs Scholten Van Aschat e Maria Kraakman
Una produzione Toneelgroep Amsterdam
Recensione di: Diego Vincenti Voto 0

Scena vuota. Nell’aria sono appese decine di bambole gonfiabili maschili. Un pianista coi pantaloni a zampa (sì, si producono ancora) suona in un angolo, colonna sonora interna alle immagini, neanche si seguisse il Dogma di Lars Von Trier.

Il resto è nelle mani di Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat, attori straordinari, capaci di attingere a una tavolozza interpretativa che sorprende per ampiezza e intensità. Modulandosi con naturalezza nel gesto rabbioso, nell’ansia ipercinetica, nel silenzio ludico e sensuale. Supportato dal Toneelgroep di Amsterdam, Perceval porta in scena l’omonimo romanzo di Hugo Claus, The year of cancer.

Anno 1972. Ed è curioso che negli stessi giorni lo scrittore belga fosse protagonista di un’ampia retrospettiva al Bozar di Brussels. Giusto per comprenderne la centralità. Fiammingo in ogni aspetto questo lavoro radicale nel suo concentrarsi nudo su corpi, sudore, parole. Chi ha fatto un giro a Nord vi riconoscerà quel disperato razionalismo capace di aprirsi a momenti di puro melò. A un umorismo da carnaval, che gioca col sesso e con la vita. Insomma, sono cerebrali questi fiammminghi. Ma sembrano nati nel Mediterraneo. Sul palco un amore (im)possibile. Raccontato senza stacchi. Senza cambi scena. Per un teatro talmente respingente che nei primi quindici minuti vorresti solo correre a casa a guardare una replica di Californication. Ma che poi ti ipnotizza. E non ti lascia più andare.

Inseguendo questi due disperati in balia dei venti: lei la madre di tutte le fidanzate pazze che possiamo mai avere avuto, lui non da meno, ubriaco di orgasmi e di incomprensione. Perceval li guida e vi si affida. Fra pudore e sfrontatezza. Con un equilibrio che è una boccata di ossigeno in tempi di pornografia emotiva. Che noia quando l’arte ha la superbia di dirci che cosa provare e in quale momento! Sul palco questa volta si scopre che le emozioni possono essere semplicemente se stesse. Traboccare come un bicchiere riempito troppo in fretta. Oppure svanire anonime, dietro a uno sguardo distratto. È la vita. O qualcosa che ci assomiglia.