dal: 22-02-2016 al: 28-07-2016
Terminato
Via Privata Hermada, 8, 20162 Milano
Tel: 02 6420761
Orari:

Martedì – sabato ore 20.30
Domenica ore 17.00
Lunedì riposo

Da maggio:

Lunedì – sabato ore 20:30, Giovedì ore 19.30, Domenica riposo

Prezzi: 9 < 15 €

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SCHEDA SPETTACOLO: SCUSATE SE NON SIAMO MORTI IN MARE

Stagione 2015-2016
Di Emanuele Aldrovandi
Regia di Pablo Solari
Cast Davide Giordano, Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi e Matthieu Pastore
Una produzione Arte Combustibile
Recensione di: Roberto Rizzente Voto 2.5

Il punto di partenza è sempre quello. Idolatrato, avversato, scopiazzato, Harold Pinter è l’ispiratore nascosto di molta drammaturgia contemporanea. Non fa eccezione questo Scusate se non siamo morti in mare, finalista nel 2015 ai Premi Tondelli e Scenario. Solo che – ed è il merito maggiore della pièce – il modello dell’inglese è applicato all’analisi di uno dei grandi problemi del nostro tempo: l’emigrazione.

Prende corpo così una divagazione per mare e per terra dove, pinteriana, è la tensione che si respira, l’atmosfera claustrofobica nel barcone-container, il senso di sospensione in un viaggio del quale non s’intravede il senso, la destinazione. Ma diverso è il colore, quel mix di ironia e follia che scorre sotterraneo e che altrove, forse con maggiore efficacia, Emanuele Aldrovandi ha dimostrato di padroneggiare. A partire dalla premessa, un’Europa collassata, divenuta terra di emigranti; la caratterizzazione dei personaggi, lo scrittore-figlio di papà, lo scafista-corifeo che scende a commentare gli eventi, spesso anticipandoli, ma senza una sapienza da svelare. Perché morta, nel XXI secolo, è ogni ipotesi di Verità e a chi cerca non resta che una collazione di citazioni da Wikipedia.

Peccato, allora, per i luoghi comuni che ancora affiorano, le relazioni tra gli astanti, dal potenziale inesplorato. Per quel finale così consolatorio, affrettato e vagamente moralistico. E per quella messa in scena: pulita sì, ma accademica, adagiata sulla stanca successione dei quadri narrativi, senza una tensione nel ritmo, una reinvenzione linguistica capace di illustrare e – perché no – reinterpretare il senso della vicenda. Né si distinguono gli attori, ancora privi della necessaria esperienza per disegnare quel sottobosco di intenzioni, speranze e paure di cui lo spettacolo pure avrebbe bisogno. Fatta eccezione per Mathieu Pastore, un convincente “mercante di uomini” che ha nel corpo, ormai, la forza eretica della rabbia, l’isteria e la passione dell’attore di talento, tutto da seguire.