dal: 28-03-2017 al: 02-04-2017
Terminato
Via Ciro Menotti, 11, 20129 Milano
Tel: 02 3659 2544
Orari:

lunedì riposo
martedì, giovedì, venerdì, sabato ore 20.30
mercoledì ore 19.30
domenica ore 16.30

Prezzi: 12,50 < 25 €

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SCHEDA SPETTACOLO: PROMETEOEDIO

prometeoedio-milanoinscena
Stagione 2016-2017
Di Eschilo
Regia di Emanuele Conte
Cast Alessia Pellegrino Bia, Andrea Di Casa, Enrico Campanati, Gianmaria Martini e Pietro Fabbri Cratos
Una produzione Teatro della Tosse
Recensione di: Laura Santini Voto 3

PRIMA MILANESE

Costumi e scene nella drammaturgia di Emanuele Conte hanno un ruolo sempre decisivo. Questa volta, lasciati alla cura della giovane Daniela De Blasio, originali abiti-sculture sono già racconto, poetico e dark, all’interno di uno spazio altrettanto narrativo e ferale: una griglia-gabbia di tubi innocenti che rende il proscenio una parete di tormenti. Dopo Antigone e Caligola, questa rilettura del Prometeo di Eschilo è quella che porta a chiudere la trilogia di Conte dedicata al potere e a chi a esso si ribella. Lavorando soprattutto sul rapporto padre-figlio e sul tema portante del testo classico, l’amore per gli esseri umani, si cerca un equilibrio delle parti e dei ruoli con un cast ampio ed eterogeneo. Seppure si arrivi a un’armonizzazione che evita protagonismi, la costruzione offre capsule d’identità che si confrontano e scontrano in modo superficiale senza davvero interagire. Espulsa (senza rimpianti) la rabbia dal testo, resta meno convincente la freddezza che congela il dolore fisico di Prometeo, ancorando il titano di Gianmaria Martini a una fissità fisica (certo penosa) e interpretativa, con scarti di ritrovato pathos in alcuni passaggi lirici e visionari intorno al la speranza di riscatto. Travasate dentro la giovenca Io, nella fisicità e vocalità tormentata e pregnante di Alessia Pellegrino, le lacerazioni subite dal corpo e dall’anima non sfiorano il Martini-Prometeo, tutto raziocino senza carne, mentre come un Cristo ante litteram vive la crocifissione senza manifestare dolore. Da meravigliose creature, le oceanine vengono compresse in un’unica figura (Andrea Di Casa), più simile a una comare che al mito, morbosamente interessata alle storie dei personaggi, né più né meno che pettegolezzi rionali. Tra tutti il meno scenografico è l’Ermes di Enrico Campanati chiamato a una dimensione terrena e commerciale, più manager che dio, molto distante dagli ultraterreni Cratos e Oceano (Pietro Fabbri) costruiti in modo originale a partire dal costume, ma anche nella cura del movimento e della voce. Invadendo la platea e lavorando sui livelli multipli dello spazio scenico, Conte spiazza sguardo e aspettative creando ricchezza ma restando ancorato a interventi più tecnici che di modifica delle strutture profonde. Comunque godibile.