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SCHEDA SPETTACOLO: MONOPOLISTA
Il Monopoli come metafora della società capitalista. E delle sue regole. Di un mondo a due passi dal baratro, venduto al soldo e dal soldo guidato. Ma che spazio rimane per l’onestà? Che se il tabellone si presta a diventare simbolo, il gioco è allegoria. Qui di un uomo che si addentra nella selva oscura della vita alla ricerca di un benessere, una via, il decoro. C’è chi farebbe psicologia spiccia fin dalla scelta della pedina: il asco di vino, il funghetto, il candelabro. A certe ore della notte vale tutto. Ma i quotidiana. com ne traggono addirittura un’intuizione drammaturgica. Nuova produzione al solito sardonica, per fino spietata nei confronti dell’universo e di chiunque ne faccia parte. Frontali al pubblico, paralleli ma intersecanti, Roberto Scappin e Paola Vannoni introducono e declamano, con quel loro stile surreale e approssimativo, buttato lì, ovviamente pensatissimo. È la forma solida di una sostanza che si muove a scatti fra slogan e (auto)ironia. Si respira rabbia. Ché in realtà tutta la filippica iniziale sulla metafora e l’allegoria è più intuita che raccontata. Uno stimolo da cogliere e allargare, diciamo. Perché non è che la tesi emerga poi con tutta questa forza, come soffocata dalla natura ombelicale di un lavoro chiuso a doppia mandata in se stesso. Si adora l’interrogativo, si scansa la risposta. Mentre la cantilena cresce intorno alla tavolata del gioco, gli spettatori distanti per sguardo ed emozione, un’evidente dif coltà ad aprire il pensiero e l’azione scenica verso l’esterno. Considerando che siamo a teatro non è dettaglio da poco. E allora freddini si assiste a questa riflessione statica, ossessivamente verbosa, che ammicca allo spettatore ma non lo invita mai a entrare. I quotidiana.com sorprendono per un accostamento, un’intuizione. Ma subito dopo inciampano in un imprevisto: la stanca battuta su Renzi. Un po’ poco. Specie per una coppia gonfia di pensiero critico e audacia situazionista. Guerrieri. Ma stanchi.