dal: 07-02-2017 al: 12-02-2017
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: MISTER GREEN

Stagione 2016-2017
Di Jeff Baron
Regia di Piergiorgio Piccoli
Cast Massimo De Francovich e Maximilian Nisi
Una produzione Theama Teatro
Recensione di: Roberto Rizzente Voto 3.5

Le premesse per uno spettacolo di successo ci sono tutte in Mister Green. Un autore sulla cresta dell’onda, Jeff Baron, avvezzo alla logiche della cultura mainstream, anche grazie alla militanza televisiva. Un testo arrembante, dal taglio cinematografico, che conta più di 400 produzioni in 45 paesi del mondo, premi, segnalazioni, tradotto in 23 lingue, per un anno tenuto in cartellone a Manhattan, con Eli Wallach. Grazie ai temi che introietta – tutti engagé, tutti di moda, l’omosessuale represso e vilipeso dalla società, il riferimento all’ultraortodossia ebraica e quindi al conservatorismo religioso come nemico del libero manifestarsi dei sentimenti – e la struttura, col lieto fine, l’accorto bilanciamento tra thrilling e commedia, divertendo e tenendo alta, pinterianamente, la tensione. Né la regia di Piergiorgio Piccoli sembra discostarsi troppo dalla vulgata americana, preferendo contare su di una scena di comodo, pigra, prudente, sicura, che riproduce fedelmente l’appartamento del vecchio Mr. Green, cadente, abbandonato. Senza nulla aggiungere, nulla levare, limitandosi alla messa in proscenio dello scrigno entro cui sono conservate le memorie di una vita. E che l’apparizione fantasmatica della signora Green defunta – vero coupe de théâtre – sottrae alla visione. Tutto scontato, come da copione, quindi? No perché ciò che fa la differenza, nella produzione di Theama, più degli stacchi musicali di Stefano De Meo, pure pregevoli, è la prova di Massimo De Francovich e di Maximilian Nisi (già interprete, nel 2003, della pièce, con Corrado Pani). Sono loro che innovano la tradizione, dando uno smisurato e credibile spessore alle figure del vecchio ebreo e del giovane impiegato, coi tic continui, i silenzi, i tentennamenti, i rimbrotti, le reticenze, gli slanci del dolore, dell’amore, la convulsa vitalità, l’ostinato ancoraggio a una realtà fin troppo idealizzata, o troppo violentemente respinta. Sì che la pièce di Baron diventa, nelle loro mani, un concerto di anime. Una calibrata (e affilata) analisi di due psicologie represse, confuse, ma in divenire, mai stantie, compiaciute di sé. Che osserviamo con partecipazione, e alla quale siamo disposti a perdonare, per la carica di umana verità che porta con sé, certi eccessi di ruffianeria, il finale perfetto, la morale spiccia, i fin troppo rapidi cambiamenti di umore, ideologia, posizione tra le parti.