dal: 12-05-2015 al: 14-05-2015
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: CHI HA PAURA DELLE BADANTI?

Stagione 2014-2015
Di Giuseppe Massa
Regia di Giuseppe Massa
Cast Cristiano Nocera, Emiliano Brioschi e Simona Malato
Una produzione A.C. Sutta Scupa e Studio 427
Recensione di: Roberto Rizzente Voto 2

È sulla bocca di tutti: gli stranieri cattivi, gli stranieri violenti. Il problema dell’immigrazione ha ridestato paure mai sopite verso l’altro, il diverso. Cosa si nasconde, tuttavia, di là dallo stereotipo? È la scommessa di Chi ha paura delle badanti? piccolo, godibilissimo lavoro di Sutta Scupa.

Il presupposto è semplice: raccontare un universo domestico a tre. Dove l’altro sono due badanti rumene e lei, l’italiana che le dirige, una ragazza paraplegica. Solo che i ruoli, per una decina di minuti inquadrati entro i binari della vulgata, ad un certo punto, si complicano. Chi è il buono, chi il cattivo? Intelligentemente, la drammaturgia di Giuseppe Massa non dà risposte. Si limita a scandagliare i rapporti di forza tra i personaggi, indagando le ragioni dell’uno e dell’altro. Introiettando una vasta gamma di temi – politici e sociali, ma anche psicologici -, dei quali è facile trovare un’ascendenza nelle Serve di Genet. Scopriamo così che le due badanti sono uomini, e che nessuno, misteriosamente, se ne accorge (o forse no). Che l’uno, Emil, è forse innamorato della padrona, e ha il sogno d’integrarsi, e che l’altro, George, ha nel petto l’odio per l’Italia e il desiderio mai sopito di tornare nel suo Paese, magari uccidendo la ragazza. Che lei, Olga, è una ragazza triste, ma anche sadica, e che il rapporto con i dipendenti, tra italiani e stranieri, è un mix di odio, dipendenza e sopraffazione.

Motivi nobili, profondamente attuali, cui Massa accenna col giusto grado d’ironia, ben bilanciando i registri, tra il comico, il lirico e il tragico, fino al finale, non del tutto inaspettato. C’è ancora da lavorare, certo, la materia è fin troppo ricca, bulimica, la regia a tratti disorganica e la tensione più e più volte si allenta, dilapidando un capitale. Ma la sensazione è quella di un lavoro che coinvolge. Diretto, esuberante, e soprattutto ben interpretato. Il che basta a divertire, emozionare, e soprattutto lanciare un messaggio che prende, e del quale mai si parla abbastanza.