Lunedì, giovedì, venerdì h. 21.00 (riposo martedì).
Mercoledì, sabato h. 19.30.
Domenica h. 17.00.
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SCHEDA SPETTACOLO: A PORTE CHIUSE. DENTRO L’ANIMA CHE CUOCE
La disconnessone tenacemente perseguita e temerariamente coltivata fra il testo di partenza e la sua possibile messa in scena non sempre produce esiti teatrali convincenti. È il caso di quest’ultimo spettacolo di Andrea Adriatico che, quasi dimenticandosi del testo dello scrittore francese, lo “riscrive” e inventa nuove situazioni drammaturgie che ci allontanano dalla vicenda e dai temi del testo. A porte chiuse propone infatti una storia in cui l’incomunicabilità fra i tre personaggi chiusi in una stanza non è l’effetto di una crisi esistenziale che ha radici in un “male di vivere” filosofico, culturale e ambientale prima che sociale, ma è proprio all’origine di una dinamica comportamentale che gli aliena gli uni agli altri sottraendo loro qualsiasi livello di reale comunicazione verbale e isolandoli in uno spazio /inferno molto soggettivo, soffocante e solipsistico. Nel tentativo di rendere contemporaneo un testo drammatico scritto nel 1944, Adriatico ne distorce il senso letterario principale, oltre a quello spaziale e visivo, annegandolo in un vortice di rimandi alla cronaca d’oggi, eccessi di citazioni per la maggior parte disordinate e incongrue.
Probabilmente, soltanto per dirci che il vero inferno non “sono gli altri”, ma il mondo che ci circonda, la sua assurda violenza con la quale quotidianamente conviviamo e che, in qualche modo, ci appartiene, dove il potere è per eccellenza anonimo (mass media, social network) e non più riconducibile all’individuo e alla sua responsabilità. Tutto ciò ci conduce a una rappresentazione teoricamente fondata ma eccessivamente sovraesposta, fortemente discontinua, in una moltiplicazione labirintica di piani d’azione che generano solo confusione, arbitrio scenico, attualizzazioni forzate, come quella di esporre la drammatica, martoriata immagine di Giulio Regeni (a cui l spettacolo è dedicato), ultima, tragica icona delle torture e storture dei nostri giorni. I tre attori protagonisti sembrano soffrire di una visione regista molto ridondante e asimmetrica recitando, ciascuno a suo modo, quelle parole che dovrebbero costituire alla fine la rete invisibile del loro perpetuo inferno.