dal: 23-10-2014 al: 02-11-2014
Terminato
Via Filodrammatici, 1, 20121 Milano
Tel: 02 3672 7550
Orari:

lunedì/ CHIUSURA
martedì/ 21.00
mercoledì/ 19.30
giovedì/ 21.00
venerdì/ 19.30
sabato/ 21.00
domenica/ 16.00

 

Prezzi: 8 < 20 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Il Giardino dei ciliegi

Stagione 2014-2015
Di Anton Cechov
Regia di Benedetto Sicca
Cast Beppe Salmetti, Carla Stara, Giancarlo Latina, Luigi Maria Rausa, Mauro Lamantia, Riccardo Buffonini, Sara Drago e Sonia Maria Teresa Burgarello
Una produzione Teatro Filodrammatici e Teatro Ma / Ludvig
Recensione di: Fausto Malcovati Voto 2.5

Ebbene sì. Dico sì a questo Giardino dei ciliegi irriverente, sfrontato, allegro, ogni tanto sopra le righe, qua e là sconclusionato, mai noioso. Anton Pavlovic (naturalmente Cechov) aveva più volte raccomandato: niente piagnistei, affanni, tormenti, divertitevi e fate divertire. Benedetto Sicca lo ha preso alla lettera. Ha smontato e rimontato il testo, lo ha sfrondato senza alterarlo, ha inserito inattese citazioni (anche se qualche volta ci si domanda cosa c’entrino col testo cechoviano) da Shakespeare, Alda Merini, Cervantes e si è messo a lavorare con una compagnia giovane, sveglia, energica. Ne è uscito un Giardino inaspettato, dinamico, scanzonato, incalzante, pieno di risate, invenzioni, buon umore. Certo, non tutto funziona: i suoi attori non usano gli oggetti, li mimano, ma potrebbero benissimo farne a meno, fanno a volte due personaggi, entrano ed escono da uno all’altro, cambiando solo qualche dettaglio: Ljuba è anche Anja. Perché no? Sono tutte e due adolescenti, la prima mai cresciuta, la seconda ancora acerba, tutte e due incoscienti, frastornate, tutte e due incapaci di affrontare la realtà, la perdita del giardino, la rovina, la povertà. C’è un narratore che insieme è Firs: dice ad alta voce le didascalie, interviene nelle battute altrui, qualche volta le fa ripetere, poi veste la giubba del vecchio servitore (con qualche forzatura). L’eterno studente Trofimov è anche l’insolente Jasa. Solo Gaev, Lopachin e Varja non si sdoppiano: ognuno ha le sue stramberie. Gaev è gay. Ma perché no? Lopachin, non a caso, nel testo di Cechov, lo chiama “donnicciola”. Gli attori, tutti bravi (ogni tanto forzano i toni, ma le repliche serviranno ad amalgamarli) scendono in mezzo agli spettatori, ballano con loro durante la festa del terzo atto, saltano, ridono, si contorcono, ci raccontano un Cechov fatto di humour, allusioni, ventate di gioia, di energia. E il pubblico, lungi da qualsiasi immedesimazione, segue con spasso il gioco di intrecci, scambi, scoppi di allegria, improvvise spezzature malinconiche, subito cancellate dal giocoso rimbalzo di ruoli e battute. In più c’è un personaggio, non previsto da Cechov, che accompagna con straordinario pathos tutto lo spettacolo: il violoncello, suonato magnificamente da Bruna Di Virgilio. Bella la scena semplicissima, tutta bianca, di Maria Paola Di Francesco: tre sedie e lunghi nastri candidi (i fiori di ciliegio?) che si incrociano, attraversano lo spazio fino all’avvenuta vendita: poi spariscono o penzolano inerti. Cechov avrebbe applaudito, come ha fatto il pubblico della prima.