Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.
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SCHEDA SPETTACOLO: VANGELO
La scena che da alcuni anni Pippo Delbono va componendo cannibalizza il suo stesso teatro e, decisamente, l’idea stessa di teatro. Per questo non è uno spettacolo il Vangelo di Pippo Delbono. Ma l’ennesima versione di un dolore espresso senza mediazione nel quale il rabdomante regista-attore si offre ancora una volta in pasto, lasciandosi catapultare nell’abisso di sé e degli ultimi, quella invisibile popolazione ai margini della società del consumo, quei vinti dell’ultramodernità che si dichiarano non arresi alla ferocia di un Occidente ormai alla mercé della finanza.
Sono gli Scalognati pirandelliani o i derelitti di Parade, qui in versione corte dei miracoli brechtiana, sono i barconi che approdano scampati all’inferno, sono le borgate pasoliniane senza riscatto e l’hiv che continua a marchiare d’infamia, una famiglia elettiva che Delbono tratteggia anche con la leggerezza di passi danzati in omaggio alla Bausch.
È così dichiarato che è celato, direbbe Sherlock Holmes, perché Delbono, d’altronde, è il Cristo disteso del Mantegna, il corpo di Che Guevara, un fantasma in un bianco e nero uscito dal cinema post-espressionista francese, facce che trasudano sofferenza, che hanno paura e ci fanno paura. E i suoi attori sussumono quelle storie: Giuda, Frank Zappa, Pasolini…
Commovente e bellissimo. L’indagine ruota attorno ai temi della “buona novella”, ricalcano l’orgia di segni e parole, di inciampi lirici e urla poetiche già abbondantemente frequentate, questa volta però sbilanciandosi verso una matrice ancor più esistenziale, dunque religiosa, inevitabilmente cristologica.
Un testo dal retrogusto fortemente caratterizzato dal “discorso” sonoro di Enzo Avitabile. E così si scompongono i pezzi del puzzle e la complessa e (sur)reale prova di resistenza di Delbono, un concerto-mostra di una sconfinata preghiera, quel messaggio d’amore che sua madre gli chiede (nel mettere in scena il Vangelo), un rito con lo spettatore che oggi non ha eguali.