dal: 15-05-2018 al: 20-05-2018
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO

Stagione 2017-2018
Di (sceneggiatura Elio Petri e Ugo Pirro), dall’omonimo film di Elio Petri e drammaturgia Paolo di Paolo
Regia di Claudio Longhi
Cast cast in via di definizione, Diana Manea, Donatella Allegro, Eugenio Papalia, Lino Guanciale, Michele Dell’Utri, Nicola Bortolotti, Simone Francia e Simone Tangolo
Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Recensione di: Giuseppe Liotta Voto 0

Di quanti testi è fatto uno spettacolo teatrale? Normalmente uno soltanto: adattato, ridotto, manipolato, riscritto o cancellato, con richiami diretti e indiretti al modello originario, oppure messo fra parentesi ma arricchito da una fitta intertestualità. Invece, la novità più importante, la caratteristica principale e particolare della versione teatrale del film di Elio Petri ideata dal regista Claudio Longhi e dallo scrittore Paolo Di Paolo è quella di avere proposto arditamente una rappresentazione fatta di più percorsi drammaturgici e scenici che si intersecano e incrociano su vari piani narrativi, non privilegiandone nessuno, ma sviluppandoli tutti insieme con fervore brechtiano, fino a mostrarci la forte dialettica interna che tiene uniti e sorregge quella miriade di episodi e di fatti narrati che hanno come personaggi-guida il Regista e lo Sceneggiatore (Ugo Pirro) che discutono del lavoro di preparazione e delle polemiche successive.

Lo spettacolo diventa così l’ “attraversamento” di quel lontano e controverso film del 1971 nei modi del teatro, del suo linguaggio specifico di oggi che ruba al cinema il montaggio alternato delle scene, l’uso dei carrelli, i “primi piani”, le dissolvenze incrociate, le proiezioni vere e proprie (i titoli di coda del film), il collage di immagini (come usava il cinema d’avanguardia di quegli anni), declinate con le modalità di un teatro-documento e di narrazione. Ne viene fuori una struttura teatrale sofisticata e complessa, rigorosa, lucidamente marxiana, che ricorda le esperienze sceniche più intellettualmente alte e politiche di Luigi Squarzina, e che trova il suo fuoco centrale nel tema dell’alienazione, privata e collettiva.

E non c’è niente di distante, raziocinante e cerebrale nella “messa in scena” di situazioni, valori, sentimenti (non solo amorosi) perduti nel tempo perché il riscontro con le classi subalterne di oggi avviene immediato per la bravura del regista nell’avere costruito uno spettacolo né didascalico, né pedante che fa appello a vari generi teatrali, da quello epico al cabaret, al teatro sociale, a quello futurista, o dell’intervista/inchiesta televisiva (Fellini, Gregoretti, Pasolini), fino a comporre una pluralità di voci, con un comizio finale, e una Canzone “impegnata” da lotta operaia, nelle quali risiede la ricchezza espressiva dell’intera rappresentazione, visivamente impeccabile nelle luci, costumi e movimenti scenografici, con una colonna sonora originale molto pertinente alle frequenti e differenti dinamiche dei personaggi, interpretati da attori tutti molto bravi ed efficaci, fra i quali si segnala per straordinaria bravura recitativa  e appassionata dedizione al progetto, Lino Guanciale nella parte di Lulù Massa, che fu di Gian Maria Volontè, ma senza mai ricordarlo.