dal: 21-03-2018 al: 26-03-2018
Terminato
Via Gaudenzio Ferrari, 11, 20123 Milano
Tel: 02 832 3156
Orari:

Lunedì, giovedì, venerdì h. 21.00 (riposo martedì).

Mercoledì, sabato h. 19.30.

Domenica h. 17.00.

Prezzi: 9 < 18 €

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SCHEDA SPETTACOLO: TRAINSPOTTING

Stagione 2017-2018
Di drammaturgia teatrale di Wajdi Mouawad, traduzione italiana di Emanuele Aldrovandi e tratto dal bestseller Irvine Welsh
Regia di Sandro Mabellini
Cast Marco Bellocchio, Michele Di Giacomo, Riccardo Festa e Valentina Cardinali
Una produzione Viola Produzioni S.r.l.​ – Accademia degli Artefatti
Recensione di: Mario Bianchi Voto 0

Trainspotting prima di essere un film del 1996, diventato di culto, del regista inglese Danny Boyle, è anche un romanzo, di Irvine Welsh del 1993, anche se curiosamente il suo primo adattamento non fu per il cinema, ma per la scena teatrale nel 1994, dovuto a Harry Gibson, con la regia di Ian Brown per il Traverse Theatre di Edimburgo.

Eccoci ora alla versione italiana, dovuta al drammaturgo quebecchese di origini libanesi Wajdi Mouawad, tradotto da Emanuele Aldrovandi e messo in scena da Sandro Mabellini. Il contesto storico in cui lo spettacolo vive è il Regno Unito del post-thatcherismo, in grave crisi economica che annaspa in un altissimo tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile. E’ in questo contesto che si muovono 5 giovani uomini, Renton, Begbie, Sick Boy, Spud e Tommy e una donna, Allison.

Collocati nei più squallidi locali periferici di Edimburgo, vivono esistenze in cui l’unica realtà possibile è bucarsi . “Io ho scelto di non scegliere la vita. Ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?” I 5 debosciati protagonisti dello spettacolo esprimono infatti un disgusto totale rispetto ai valori della società di cui fanno parte, che li guarda con la medesima repulsione.
Vivono in un mondo parallelo dove ogni cosa, ogni tragedia, li rende indifferenti, il fratello di Mark ucciso in un attentato nell’Irlanda del Nord, la bambina di Alison, morta per l’incuria della madre,
vengono avvertiti come fatalità, come accaduti per caso o per la stupidità di uno stato sempre odioso, sempre colpevole.
Mabellini immette i 6 protagonisti in una cornice rigorosamente anti-naturalistica, dove la parola, restituita spesso da microfoni, regna sovrana, una parola sincopata, capace però di ricostruire fedelmente l’inferno dove i 6 vivono, dove le siringhe si vedono, senza esserci, dove ci pare di sentire il tanfo di urina e di vomito in cui essi stagnano.
Anche la scenografia è ridotta all’osso, gli interpreti aspettano il pubblico, seminudi, seduti in una scena dominata da un intonaco con buffi murales, su cui sono incisi i nomi dei personaggi .
Poi sparsi ci sono sgabelli usati come water closet, un tavolo con i mixer, uno piccolo schermo video con immagini d’epoca, soprattutto musicali, con “One Is the Loneliest Number” di Three dog Night che ad un certo punto intonano a cappella, e una tenda da campeggio nella quale personaggi cercano forse rifugio, per stare insieme, a contatto, in uno spazio finalmente pulito.
Eccellenti tutti gli interpreti, sopra a tutti, Michele Di Giacomo che incarna, rubandogli l’anima, Mark Renton, il protagonista, poi c’è Marco Bellocchio, il sovraeccitato Begbie, e Riccardo Festa nel triplo ruolo di Sick Boy/Thommy/Spud , a cui dà diversa confacente credibilità, esistenze ugualmente sconfitte, che cercano di uscire da un tunnel che li ha fagocitati per sempre e da cui vogliono uscire, utilizzando mezzucci da dozzina. A fare da contraltare ai 5 maschi, l’unica donna in scena, Valentina Cardinali, nei panni di Alison, che nella sua disarmante angoscia, ci comunica una tenerezza infantile, davvero encomiabile.

Mabellini utilizzando in modo semplice,spesso minimalista, ma sempre significante, tutte le armi che il teatro gli consente, ci consegna un vero e proprio doloroso omaggio a una generazione sconfitta.