dal: 22-05-2017 al: 28-05-2017
Terminato
via Savona, 10, 20144, Milano
Tel: 02 8323126
Orari:

Lunedì-Sabato: ore 21.00
Domenica: ore 16:00

Prezzi: 10 < 21 €

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SCHEDA SPETTACOLO: LE BUONE MANIERE. I fatti della Uno bianca

buoneManiere-milano-in-scena
Stagione 2016-2017
Di Michele di Vito
Regia di Michele Di Giacomo
Cast Michele Di Giacomo
Una produzione ALCHEMICO TRE
Recensione di: Arianna Lomolino Voto 3.5
Cronaca italiana. La vicenda della Banda della Uno Bianca rivive, a trent’anni di distanza, sulla scena del Teatro Libero di Milano con lo spettacolo Le buone maniere – i fatti della Uno Bianca. Un episodio che, fra gli anni ’80 e ’90, sconvolse l’opinione pubblica italiana: 24 morti, più di un centinaio di feriti, sette anni di latitanza i colpevoli i fratelli Savi. In un percorso a ritroso, attraverso il punto di vista di uno dei tre protagonisti, l’unico a non essere riuscito a intraprendere la carrira nella Polizia di Stato, a differenza degli altri due fretelli. Il testo spietato di Michele Di Vito si innesta nella regiaassennata di Michele di Giacomo, unico inteprete. La scatola scenica è una cella, e immediatamente interno di una mente, la mente criminale di Fabio, “lo sfigato occhialuto”, il braccio crudele del freddo fratello maggiore, nessuna traccia di pentimento sul suo volto, nessuna volontà di affrancamento. Ma il perno dell’ordito drammaturgico non è l’indagine cronachistica, il materiale su cui si costruisce lo spettacolo sta tutto nell’uomo e nella sua maschera. Jeans e camicia, occhiali ben piantati all’attaccatura del naso, una gestualità ben studiata, fatta di movimenti fermi, abitudinari, una rozza lucidità di pensiero, punto di forza nell’intepretazione di Di Giacomo, segnata da un vivace mimetismo e spigliata curiosità. Lo spazio è quindi quello della prigione, tanto fisica quanto mentale, il tempo è quello di una notte, la notte prima di un’intervista, (forse quella a Lucarelli?), in cui Fabio dialoga forzatamente con una sorta di controparte, un demone che striscia attraverso le fessure della coscienza, impedendo alla memoria di cancellare, ricordando il crimine, alimentando il vuoto assoluto di pietà. Suona dostoevskjiano, ma senza pretese; Di Giacomo e Di Vito non si perdono in filosofie o moralida giudici, con un pizzico di ironica leggerezza, suggerita fin dal titolo antifrastico, raccontano con stile riconoscibile l’interno torbido e (im)puro dell’umano.