dal: 17-04-2018 al: 22-04-2018
Terminato
Via Privata Hermada, 8, 20162 Milano
Tel: 02 6420761
Orari:

Martedì – sabato ore 20.30
Domenica ore 17.00
Lunedì riposo

Da maggio:

Lunedì – sabato ore 20:30, Giovedì ore 19.30, Domenica riposo

Prezzi: 9 < 15 €

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SCHEDA SPETTACOLO: UN ALT(R)O EVEREST

Stagione 2017-2018
Di Jacopo Maria Bicocchi e Mattia Fabris
Regia di Jacopo Bicocchi e Mattia Fabris
Cast Jacopo Maria Bicocchi e Mattia Fabris
Una produzione ATIR Teatro Ringhiera
Recensione di: Francesca Serrazanetti Voto 3

Che cosa hanno in comune il teatro e la montagna? Vi bastino pochi elementi: la dimensione dell’incontro, la condivisione di tempi e spazi. Sembrano pensarla così Mattia Fabris e Jacopo Maria Bicocchi che, dopo il successo delle numerosissime repliche di (S)legati, torna a parlare di impresa ad alta quota.

Lo fanno con Un alt(r)o Everest, la storia vera di Jim Davidson e Mike Price che nel 1992 decidono di scalare il temibile Monte Ranier, nello stato di Washington, The Mountain: il loro Everest. Anche in questo caso alla base della scrittura drammaturgia c’è un libro, Il cerchio bianco, che raccoglie e racconta quell’avventura con lo sguardo di chi è sopravvissuto. Quella che i due amici affronteranno non sarà una semplice scalata, bensì un vero e proprio viaggio nella profondità della loro amicizia. La drammaturgia procede per flashback intorno alla vicenda al centro della narrazione: il cammino che dovrebbe rappresentare il coronamento di un sogno porta i due ad affrontare una situazione estrema, in cui la fiducia nell’altro sarà l’unica cosa che potranno dare per certa. Il ritmo della scrittura scenica procede per accelerazione e rallentamenti, come il tempo della montagna: tra l’incalzare delle tempeste e l’andare lento delle salite, la narrazione si articola tra racconto e ricordi, divenendo esperienza universale del tentativo di raggiungere un’impresa e della irreversibilità delle perdite.

A dare forza allo spettacolo e al suo potere immaginifico è la scenografia minimale e allo stesso tempo efficacissima di Maria Spazzi: due sedie si spostano e si smontano pezzo per pezzo fino ad incrinarsi e ricomporsi. Il loro progressivo frantumarsi diventa simbolo di rottura e di riunione, seguendo passo dopo passo i movimenti del testo e degli interpreti. Il teatro, come la montagna, diventa metafora di quella necessità di sentire l’altro, anche quando non può esserci. “Non ti vedo, ma ti sento”: Jim, anche se non può veder l’estremità della corda, se tira riesce a sentire che c’è Mike dall’altra parte.