ore 21 (domenica ore 18.30)
Calcola percorso
Potrebbe interessarti anche
Saul
Io sono. Solo. Amleto
Il Re anarchico e i fuorilegge di Versailles – da Moliére a George Best
COSì TANTA BELLEZZA
SCHEDA SPETTACOLO: FARSI SILENZIO
Partire da Torino, zaino in spalla e registratore alla mano, per intraprendere un viaggio alla ricerca del Sacro. Impresa non facile, di cui Farsi silenzio è la testimonianza o forse, sarebbe meglio dire, il racconto sonoro.
Marco Cacciola è bravo a introdurci con leggerezza in questo percorso di ascolto, in cui ci immergiamo con l’ausilio di cuffie che ci fanno respirare appieno atmosfere, suoni e rumori degli incontri e dei luoghi incrociati dal moderno pellegrino. Riuscita la parte iniziale, l’incontro in un bar del capoluogo piemontese con il drammaturgo Antonio Tarantino davanti a un “bianchino”. Il racconto è reale, a tratti toccante.
Attraverso le cuffie siamo catapultati nei rumori di un bar di periferia, tintinnare di tazzine, morsi di conversazioni quotidiane, traffico in sottofondo, in mezzo ai quali spunta la vocina potente del drammaturgo, che suggerisce al protagonista di cercare il sacro tra gli ultimi, nelle stazioni. Poi il viaggio prosegue tra gioie e affanni, delusioni ed epifanie, offrendo incontri vari, dal bibliotecario rasta, lettore di salmi, alla barista dai begli occhioni sorridenti, no ai due bambini che giocano su una panchina, i quali sembrano per un attimo “citare” Pasolini.
Marco Cacciola dosa bene pause e accelerazioni, in un lavoro lineare e curato nei minimi particolari. È un viaggio lontano da una società nella quale l’immagine è così prepotente, un viaggio incentrato sull’importanza del suono e sull’assenza del silenzio. Da qui il titolo. È uno spettacolo che è piaciuto e piacerà molto al pubblico, anche se il tema del viaggio così affrontato non è propriamente una novità. A questo va sommato un limite non da poco. Il protagonista è spesso preda di eccessivi entusiasmi, frustrazioni esagerate, stupori quasi incontenibili e prorompenti contrarietà, per ogni pensiero, avvenimento o incontro. E così il lavoro finisce coll’essere retorico. Ci vorrebbe molta più misura.