Prima dell’invenzione del Cinema, nessuno si è mai avvicinato alla maestria che William Shakespeare dimostra nell’arte di intrecciare le storie di parecchi gruppi di personaggi senza mai scappare dalla trama centrale. Sogno di una notte di mezza estate rappresenta uno dei massimi esempi di quest’arte.

Nella regia e lettura del testo di Filippo Renda, i quattro giovani protagonisti – Demetrio, Elena, Ermia e Lisandro – sono personaggi che provano il loro massimo godimento nel torturarsi a vicenda, nel vedere gli altri affondare, inchinarsi ai propri piedi. Sono figure demoniache, malvagie. Ma umane. E la Natura decide di imporre una severa, ironica punizione ai quattro amanti, rendendo schiavo chi era padrone e padrone chi era schiavo. Pook non è più uno spiritello sbadato che combina guai a propria insaputa, ma il braccio armato di una natura sommaria e crudele. L’intenzione sarà quindi quella di portare alle più estreme conseguenze i conflitti tra umano e sovrumano che per la prima volta Shakespeare mette in scena con un proprio testo. La cupezza che ne deriverà non sarà quella austera del tragico, ma quella elettrizzante dello psyco-thriller.