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SCHEDA SPETTACOLO: SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO/COME FOGLIE
La scuola, il tema dell’educazione certo, ma ci sono anche altri “conti in sospeso” nello spettacolo che Anagoor ha tratto dal romanzo Il sopravvissuto di Antonio Scurati, contaminandolo con pagine da Platone, da Gurdjieff e di Cees Nooteboom.
Socrate il sopravvissuto/Come le foglie racconta la storia di otto studenti – giovanissimi interpreti, meticolosi e concentrati come professionisti – un banco e una sedia vuoti a segnalare un’assenza – quella dello studente Vitaliano Caccia, freddo fautore della tragedia finale – un professore di storia e filosofia – Marco Menegoni, allo stesso tempo rigoroso ed empatico – un ampio schermo sul fondo del palcoscenico. Le fonti letterarie – “dette” nella loro originaria potenza – si mescolano a movimenti e azioni – simbolici e a tratti quasi rituali – e ai video.
Così il lento ma inesorabile scivolare dalle proprie sedie degli otto studenti che segue la lezione sui massacri del secolo breve; il cumulo di libri bruciacchiati che cresce e seppellisce una ragazza; le minimali coreografie; la lugubre foto di classe; la secca cronaca a più voci della strage compiuta da Vitaliano; gesti apparentemente casuali, come il frenato istinto di sfiorare il capo biondo di una studentessa.
E poi i video: sullo schermo Domenico Santonicola è Socrate, attorniato dai propri allievi, poco prima di morire, così come narrato nel Fedone, e poi con Piero Ramella (Alcibiade). I volti coperti da suggestive maschere, si muovono enfaticamente mentre sul palco gli interpreti, schiena alla platea, “sonorizzano” la scena del dialogo platonico. Alternate con stacchi repentini alle immagini della ricostruita scuola ateniese, riprese dall’alto di cimiteri e cave, verdi prati e freddi edifici geometrici. Sì, perché il dramma dell’educazione – e dell’umanità – ci dice con mirabile lucidità Simone Derai, sta proprio nella trasmissione di una conoscenza in cui, in fondo, non si crede ovvero che non si può davvero possedere; e la verità finale sull’esistenza è in sostanza preclusa all’uomo e vani e dagli esiti tragici sono i suoi tentativi di ingabbiare la natura, in primo luogo quella dei suoi giovani simili.