Martedì – sabato: ore 20.45
Domenica: ore 15.30
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SCHEDA SPETTACOLO: REGALO DI NATALE

È un trend in crescita quello delle trasposizioni di celebri film per il palcoscenico. Questione di riconoscibilità immediata da parte del pubblico e quindi di botteghino. In questo caso tocca a una delle più belle pellicole firmate da Pupi Avati, Regalo di Natale (1986). Al centro un’epica partita di poker, giocata da quattro amici di vecchia data la notte di Natale, che diventa metafora dei bilanci più o meno rovinosi delle loro vite. I quattro non si vedono da molti anni e l’obiettivo comune è quello di spennare il classico pollo, un certo avvocato Santelia, apparentemente ricco e ingenuo.
Il clima della serata, nella prima parte goliardico e divertente, si incupisce nella seconda, quando vengono al pettine i fallimenti esistenziali di tutti e quattro. Una resa dei conti da cui nessuno uscirà vincitore. Rispetto al film, la vicenda è trasposta ai giorni nostri. E questo ci sta, se si pensa al diffuso stato di crisi – economica, ma anche di valori e di relazioni umane – in cui ci troviamo. Da una parte quindi l’utopia dei soldi facili grazie al gioco d’azzardo, dall’altra l’amicizia tradita.
Meno comprensibile è che l’adattamento di un film che non arrivava l’ora e tre quarti abbia generato uno spettacolo di due ore e mezza, dilatando inutilmente i tempi e reiterando le gags. Questione di scrittura scenica o di regia? Forse di entrambe. Certo è che la regia pare non fidarsi della sceneggiatura originaria e tanto meno dell’intelligenza degli spettatori. A dimostrarlo l’inutile e prolissa sequela di siparietti iniziale, in cui ogni personaggio si presenta al pubblico. Non sia mai che poi non si capisca chi è!
Eppure la storia è chiara, i personaggi ben tratteggiati e i loro interpreti di buon livello. A partire dall’ottimo Filippo Dini, che è Franco, il leader del gruppo, consumato da un antico rancore verso Ugo (Valerio Santoro) che tempo addietro gli portò via la moglie e che ancora si accinge a tradirlo. Non da meno è Gigio Alberti che riesce a fare dell’avvocato Santelia, il ruolo che fu di Delle Piane, un uomo privo di umanità e di sentimenti, viscido e falsamente dolente. Completano il tavolo da gioco, Gennaro Di Biase, corretto nel ruolo di Stefano, che spera, con questa partita, di risolvere i suoi problemi economici, e Giovanni Esposito, grande potenziale comunicativo da tenere a freno, pena la petulanza, che è Lele, un critico teatrale sfigato, vile e squattrinato.