dal: 07-11-2017 al: 19-11-2017
Terminato
Via Filodrammatici, 1, 20121 Milano
Tel: 02 3672 7550
Orari:

lunedì/ CHIUSURA
martedì/ 21.00
mercoledì/ 19.30
giovedì/ 21.00
venerdì/ 19.30
sabato/ 21.00
domenica/ 16.00

 

Prezzi: 8 < 20 €

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SCHEDA SPETTACOLO: PARASSITI FOTONICI

Stagione 2017-2018
Di Philip Ridley e traduzione Bruno Fornasari
Regia di Bruno Fornasari
Cast Elisabetta Torlasco, Federica Castellini e Tommaso Amadio
Una produzione con il sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo - Progetto NEXT 2015 e Teatro Filodrammatici di Milano
Recensione di: Francesca Serrazanetti Voto 3

Cosa sareste disposti a fare per ottenere la casa dei vostri sogni? Philip Ridley – eclettico drammaturgo della scena inglese ma anche pittore, romanziere, sceneggiatore e regista cinematografico – con Radiant Vermin (Parassiti fotonici, nella traduzione italiana) racconta di un mondo cinico e materialista partendo da un tema molto attuale: la difficoltà per una giovane coppia di comprare casa e mettere su famiglia.
Il contratto firmato da Ollie e Jill con la signorina Dee per una villetta completamente gratuita si trasforma in un faustiano patto con il diavolo: la casa è da ristrutturare, è in un quartiere frequentato da senzatetto, ma lui ha una buona manualità e lei buongusto. Un incidente rivela ben presto quello che diventerà un meccanismo infernale: i parassiti fotonici sono i barboni che, quando muoiono, generano un fascio di luce e trasformano l’ambiente in cui si trovano in una stanza messa a nuovo, esattamente come Jill l’aveva desiderata. È una Lady Macbeth contemporanea Jill, che istiga il marito, a tratti reticente, a commettere sempre più delitti: “Voglio di più”, come si chiamerà il centro commerciale nato una volta che la casa della coppia avrà dato avvio a un processo di rigenerazione del quartiere. Eccoli il “saper fare” e il “saper sognare” elogiati alla coppia dalla signorina Dee.
Questa storia dell’assurdo, ironica e provocatoria al tempo stesso, arriva in Italia con la traduzione e la direzione di Bruno Fornasari, a meno di un anno dal debutto londinese. La regia sceglie di valorizzare il testo, puntando sulla vivace interpretazione dei tre attori. Lo spettacolo ammicca al pubblico – chiamato a immedesimarsi e a votare se sia più urgente rifare il bagno oppure il garage per la macchina nuova di zecca – temporeggiando su passaggi che si spingono sul crinale dell’intrattenimento. Una tendenza che si inserisce appieno nell’identità di un teatro che dà precedenza a nuove storie e all’immediatezza del rapporto con gli spettatori. I temi chiamati in causa da una storia che ha le fattezze di una favola (per quanto nera) mettono in campo implicite stoccate alla Chiesa, alle politiche governative, all’opportunismo piccolo-borghese, a un sistema capitalistico che punta tutto sul consumo, messo al primo posto come fonte di felicità. I figli, in questo gioco, iniziano con l’essere la giustificazione di ogni malefatta (è per il loro futuro) per poi rischiare di diventarne complici. E il racconto diventa lo strumento stesso della catarsi: la redenzione sta nel silenzio assenso degli spettatori.