dal: 24-10-2016 al: 13-11-2016
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: OTELLO

Stagione 2016-2017
Di William Shakespeare
Regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli
Cast Alessandro Averone, Angelo Di Genio, Camilla Semino Favro, Carolina Cametti, Cristina Crippa, Elio De Capitani, Federico Vanni, Gabriele Calindri, Massimo Somaglino e Michele Costabile
Una produzione Teatro Dell’Elfo
Recensione di: Renzo Francabandera Voto 3

Shakespeare e il Teatro dell’Elfo: una frequentazione di lungo corso. Ferdinando Bruni si è spesso dedicato a tradurre il Bardo, e Elio De Capitani, quando non sul fronte americano, praticamente a stagioni alterne, lo propone.
L’Otello di cui De Capitani firma la regia con Lisa Ferlazzo Natoli, è ambientato in un luogo magico, , mare agitato, drappi trasparenti mossi da carrucole plastiche capaci di diventare stanze, e finanche di scomparire, per lasciar riconoscere l’attore, che attende il suo momento, al lato della scena, ma visibile: una grandissima idea di Carlo Sala.
La traduzione di Ferdinando Bruni guarda all’emancipazione dal tono lirico verso una colloquialità quasi interiettiva e all’attualizzazione di temi come il razzismo e la violenza sulle donne: detto che il secondo pare abbastanza tautologico, il primo purtroppo si esaurisce in poche battute.
Bruni non valica la soglia drammaturgica della riscrittura, lasciando che il ritmo del Bardo continui ad avere la sua potenza più tradizionale. L’audacia della macchina scenica rimane così la maggior spinta verso una grandiosità postdrammatica che, complici le estetiche differenti degli artisti coinvolti, non arriva a compimento, attestandosi su un piano di lettura più agevole, che, però, proprio perché dentro un’architettura potentissima, finisce per apparire bidimensionale.
De Capitani è il Moro e Federico Vanni uno Iago che parrebbe non avere le physique du rôle del cattivo, ma riesce poi a incarnare una sordida ambizione impiegatizia, che porta dentro tutti, ribaltando sul pubblico la negatività attesa. Un mix di attori con anni di palcoscenico e di giovani talenti di calibro, come Camilla Semino Favro o Angelo Di Genio, apprezzati in recenti allestimenti di questo stesso teatro.
Ma qualcosa resta nell’intenzione senza arrivare in scena e il tentativo di ringiovanimento, fra testo e attori, non si compie. Insomma la sindrome di Dorian Gray affligge questo Otello che cerca il vigore dei quarant’anni, ma non li ha più. Sarebbe persino un elemento di ricchezza concettuale, se sviluppato profondamente: il potente maturo con la sposa giovane, le insicurezze della senescenza maschile versus una nuova femminilità capace di definire il suo mondo. Ma anche questo spunto, che pure cogliamo, rimane in medias res, contornato da alcuni segni di non chiara leggibilità nel senso dell’astrazione, apposti da una regia che, in ultima analisi, sceglie un’audacia assai moderata. In una macchina scenica così evocativa, aumentata dalle belle luci di Michele Ceglia e dalle musiche di Silvia Colasanti, ben altri azzardi erano possibili.