dal: 12-10-2016 al: 30-10-2016
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: ORPHANS

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Stagione 2016-2017
Di Dennis Kelly
Regia di Tommaso Pitta
Cast Lino Musella, Monica Nappo e Paolo Mazzarelli
Una produzione Marche Teatro - Teatro dell'Elfo
Recensione di: Renzo Francabandera Voto 3.5

Orphans di Dennis Kelly esprime il disagio di una drammaturgia di conflitti incrociati e dilemmi morali, di cui sono protagonisti due uomini diversissimi, legati fra loro da una donna, sorella del primo e moglie del secondo. Il fratello, dal profilo disadattato e borderline (qui nell’allestimento italiano interpretato da un notevole Lino Musella) piomba nella casa della coppietta borghese con i vestiti sporchi di sangue. Il marito (Paolo Mazzarelli, bene nella parte dell’uomo distaccato ma dall’anima nera) mal sopporta questo turbamento della quiete, ma la figura femminile che fa da ago emotivo della bilancia (una equilibrata Monica Nappo, fautrice tra l’altro del progetto italiano) , obbliga il marito a prendere parte alla vicenda, prima in modo simbolico prestando vestiti nuovi all’antagonista, e poi concreto.
Sullo sfondo, il rapporto fra la borghesia del quieto vivere e la periferia proletaria non più autosufficiente dello UK appena uscito dell’epoca Blair, durante la quale apparentemente tutto andava bene: in realtà, come in tutti i cicli della Storia, il fuoco bruciava sotto la cenere. Lo testimonia il conflitto etnico, che prende corpo man mano in un testo costruito con il meccanismo delle angosce reali sviluppate in modo surreale, con l’aggiunta delle ansie del primo decennio del nuovo secolo, che la multirazziale Gran Bretagna ha vissuto prima dell’Europa, entrata in crisi dieci anni dopo.
Nell’allestimento italiano, la scena di Barbara Bessi, illuminata dalle fredde luci notturne di Mauro Marasà, esalta il concetto di una vicenda guardata da tutti i punti di vista, giocando sul ruotare della stanza in cui la storia è ambientata. Il testo ha una sua lunghezza d’oltremanica che sfida il concetto nostrano di ritmo, con un’atmosfera sospesa e apparentemente piatta che la regia prudente di Tommaso Pitta non vuole forzare. La scelta esalta il recitato e lo spinge sulla lettura psicologica dalle tinte noir.
Il testo, in questi dieci anni, ha perso parte della sua forza anticipatoria: non siamo più neanche nell’era di Cameron, ma addirittura nel post Brexit e in piena fobia da terrorismo; come a dire che “lo straniero l’abbiamo”, seppur mentalmente, già tutti desiderato morto, se non figurativamente già ammazzato con le nostre mani. La catarsi l’abbiamo vissuta davanti al  tg, fra Nizza, Bataclan e aeroporti vari, ben prima di entrare in sala all’Elfo Puccini nel nostro caso, e la lunga indagine psicologica e sociale di Kelly rivela così una sua tragica datazione che la regia non trova modo di “aggiornare”, ammesso fosse possibile.