dal: 13-11-2019 al: 16-11-2019
Terminato
Largo Greppi, 1, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Orestea. Agamennone, Schiavi, Conversio

Stagione 2019 -2020
Di Patrizia Vercesi e Simone Derai
Regia di Simone Derai
Cast Annapaola Trevenzuoli, Benedetto Patruno, Eliza G. Oanca, Gayané Movsisyan, Giorgia Ohanesian Nardin, Leda Kreider, Marco Ciccullo, Marco Menegoni, Massimo Simonetto, Monica Tonietto, Piero Ramella, Sebastiano Filocamo e Valerio Sirna
Una produzione Anagoor
Recensione di: Laura Bevione Voto 4

Orestea. Agamennone, Schiavi, Conversio in scena al Piccolo Teatro dal 13 al 16 Novembre

Esiste un esplicito filo rosso, una riflessione diversamente approfondita da Anagoor in altri spettacoli successivi come Lingua Imperii Virgilio brucia. Orestea è incentrata sull’idea di morte e dimenticanza, presunzione di immortalità di una parola in realtà essa stessa mutevole e fugace, benché portatrice, a seconda dei casi, di sofferenza ovvero gloria.

Una linea che si rivela in dettagli formali – i due schermi rettangolari ai lati del palco, le immagini di animali in macelli, le maschere che imprigionano la parte inferiore del volto – e ovviamente contenutistici – la coscienza del fallimento quale destino delle opere dell’uomo e, nondimeno, l’affermazione della necessità di una “conversione”, un cambiamento radicale dei valori condivisi dalla comunità. Una riflessione che ora parte da Eschilo, individuato quale incubatore di visioni e citazioni letterarie eterogenee eppure rigorosamente coerenti. A raccordare gli episodi tragici con approfondite chiose antropologico-filosofiche e con simbolici video, la presenza al microfono del corifeo Marco Menegoni, rigoroso e appassionato come sempre. Attorno a lui un coro vivo che compie azioni esemplari, intona canti a cappella, si muove in coreografie armoniose, benché compulsivamente ripetitive. E i vari personaggi, interpretati da performer di formazione palesemente dissimile, ma proprio per questo generatori di emblematici stridori. È evidente la stratificazione di codici e linguaggi che informa questo fluviale spettacolo e che la regia riesce con mano salda a governare e compenetrare l’uno nell’altro: una maturità artistica che, con esito mirabile, accetta di confrontarsi con la vanità dell’esistenza umana e con l’effimera natura della parola che la descrive, officiando un elaborato e originale rito capace di esorcizzare il dolore e la morte.