dal: 13-10-2015 al: 31-10-2015
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE

Stagione 2015-2016
Di Arthur Miller
Regia di Elio De Capitani
Cast Alice Redini, Angelo Di Genio, Cristina Crippa, Elio De Capitani, Federico Vanni, Gabriele Calindri, Marco Bonadei, Marta Pizzigallo e Vanessa Korg, Matthieu Pastore e Daniele Marmi e Vincenzo Zampa
Una produzione Teatro Dell’Elfo
Recensione di: Domenico Rigotti Voto 4

Un personaggio che è ormai un classico quello di Willy Loman. E ha fatto bene a ricordarcelo Elio De Capitani in questo suo robusto e impegnativo allestimento di Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Che ha voluto gratificare con il suo titolo originale Inside his head. Scrive con suggestive parole a piè di programma «come ogni spettatore lo può vedere con il proprio corpo e con il proprio cuore. Con Miller il passato lavora nel presente e nei momenti cruciali si sovrappone in un unico tempo indistinguibile».

A un secolo dalla nascita del suo autore, a oltre mezzo secolo da quando Elia Kazan lo narrò su un palcoscenico di Braodaway e il dramma dell’autore americano iniziò il suo trionfale successo, la vita di Willy Loman non è soltanto lo specchio, anche se oggi certo un po’ appannato, della piccola borghesia statunitense, ma anche della nostra di oggi, ossessionati come siamo dal mito del denaro e del successo. Il poveraccio s’è aggrappato al suo mestiere di commesso viaggiatore sforzandosi di convincere se stesso e gli altri che è la strada maestra per arrivare all’agiatezza e invece, rifiutato per orgoglio anche il lavoro d’ufficio offertogli dall’amico Charley dopo il licenziamento, si è trovato in un vicolo cieco. Si è accorto di valere meno da vivo che da morto: per lasciare alla famiglia i ventimila dollari dell’assicurazione dovrà uccidersi simulando un incidente d’auto. Fallito come uomo, Willy lo sbruffone fallisce anche come padre. Due figli: Happy, un egoista e un donnaiolo e Biff, vagabondo e peggio. Ma chi ha insegnato loro che nella vita conta solo il successo? Chi li ha illusi con insensati sogni di grandezza?

La figura di Willy Loman ha un aspetto patetico, ma soltanto perché egli ha perduto puntualmente tutte le occasioni, per il resto è un personaggio sostanzialmente negativo, sconfitto dalla realtà. Al di là di ogni sentimentalismo, è questa la verità che ha cercato di mettere in luce Elio De Capitani con la sua regia più che mai accurata e con quel giusto equilibrio fra tradizione e contemporanea inquietudine. Dove, nella claustrofobica scena suggerente un modesto interno piccolo borghese (una lunga parete di squallida tappezzeria posta in modo opportunamente obliquo da cui sbucano letti, frigorifero, cucine e biciclette), la naturalezza degli attori viene straniata dai momenti onirici che fanno seguito agli sbandamenti della memoria di Willy, persa tra presente e passato. È lui, De Capitani, padre sbandato, al vertice della sua carriera artistica, a darcene un ritratto quanto mai struggente, pienamente disegnato nel suo umanissimo e tragico smarrimento. Affiancato da un cast che ce la mette tutta per essere convincente. Da Cristina Crippa, che punta tutte le sue carte sulla modestia e la dolcezza femminile, alla coppia non nuova, già collaudata in The History Boys, formata da Marco Bonadei e Angelo Di Genio, l’uno nel personaggio di Happy, l’altro a dare irrequietezza a Biff.