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SCHEDA SPETTACOLO: Macbettu
Se Shakespeare fosse nato e vissuto in Barbagia, in che modo avrebbe immaginato il suo Macbeth? Che cosa accomunano i luoghi e la cultura dove è ambientata l’opera scespiriana con la Sardegna? Ha provato a darne una risposta Alessandro Serra che per il Teatro di Sardegna ha creato una particolarissima versione dell’opera del Bardo che ha avuto naturale nutrimento negli aspetti arcaici e tribali che sono parte fondamentale della cultura di quest’isola. Un’isola dove sicuramente possono girare streghe, annunciando macabri vaticini, o dove gli alberi possono anche muoversi, come avviene nel capolavoro del drammaturgo inglese. Ecco la risposta che dà il sardo Serra ai nostri quesiti iniziali nel mettere in scena il suo Macbettu rendendolo perfettamente coerente con l’opera originaria.
Ed è così che gli interpreti sono tutti uomini, come nel teatro di Shakespeare e come nei rituali ancestrali che troviamo ancora intatti nella Sardegna profonda il nero la fa da padrone. Un nero che anche qua si stempera sui vestiti degli attori e che imbeve per tutto il tempo la scena, nero il muro di legno utilizzato come fondale e che le luci trasformano in pietra e da dove fuoriescono le apparizioni e i fantasmi che costellano lo spettacolo. Nere ovviamente anche streghe, simili alle vecchiette che curve possiamo trovare a chiacchierare agli usci dei piccoli paesi del nostro Sud. Appaiono improvvisamente tra rimbombo di tuoni, si muovono sornione, quasi danzando, visitando di lungo e in largo tutto il palcoscenico. Gli attori si stagliano in questa atmosfera soprattutto con i loro corpi e con la loro lingua forte e profonda, il potentissimo e barbarico sardo.
Macbettu è il sardo Leonardo Capuano, protagonista assoluto della scena, mentre una barbuta Lady Macbeth, è qui confinata a semplice comprimaria, anche se la sua voce risuona nel petto dell’infame marito. Poi a ricordarci che siamo in Sardegna, ci sono i sassi, quelli dei nuraghi. Ogni assassinio perpetrato da Macbettu, con i corpi nudi degli uccisi che vengono trascinati pesantemente fuori dalla scena, costriusce con loro una specie di tomba arcaica, davanti alla quale il tiranno, inondato di luce, dondolandosi su una sedia, recita il famoso monologo su un domani che non lascia speranza, mentre Lady Macbeth si issa nuda su una parete precipitando nel buio. La Sardegna risuona anche nei rumori, nei versi dei porci, nei campanacci, nelle maschere di sughero che alludono alla foresta di Birnam che avanza inesorabile. Ed è così che Macbeth diventa per incanto Macbettu, in uno spettacolo di grande forza espressiva.