dal: 04-04-2017 al: 09-04-2017
Terminato
Corso Magenta, 24, 20123, Milano
Tel: 02 8645 4546
Orari:

(salvo diversa indicazione)
Sala Teatro Litta
lunedì riposo
martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato ore 20:30
domenica ore 16:30

 

Prezzi: 10 < 21 €

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SCHEDA SPETTACOLO: L’INQUILINO

Stagione 2016-2017
Di Claudio Autelli
Regia di Claudio Autelli
Cast Alice Conti, Giacomo Ferraù, Marcello Mocchi e Michele Di Giacomo
Una produzione LAB121
Recensione di: Diego Vincenti Voto 2.5

Quanta paura davanti a Topor. A quelle sue illustrazioni gonfie di cinismo e humor nero, dove il surreale diviene spietato. Disturbante. Si capisce allora che c’è un valore in sé nella scelta di portare sul palco una figura novecentesca così prismatica. Nello specifico Claudio Autelli si lascia ispirare da L’Inquilino. Difficile farci i conti. La storia la si conosce: il Signor Trelkowsky affitta l’appartamento sbagliato a Parigi. La sua mente fragile fa il resto. In un parossismo di ossessioni e paranoie che diventano delirio di persecuzione. Fino al tragico (ed emblematico) finale. Il caseggiato diventa un microcosmo di aspettative e sensi di colpa, demoni e frustrazioni. Il gioco scenico è quindi prima di tutto mentale, con i vicini ad alimentare una ragnatela malsana e soffocante. Al centro Trelkowsky. E la porta della sua stanza. Quasi un confine, fra reale e immaginario. Che l’inferno è fuori. Ma non sono gli altri. Da qui le astuzie sceniche migliori. Ma la paura? La paura non arriva. E nemmeno il ghigno beffardo. Nessun climax poderoso. È come se il progetto rimanesse a una sua prima analisi intellettuale. Non suda sotto i simboli. E anche il bel cast pare un poco spegnersi nei ruoli minori. Una chiave algida che si tradisce anche nella scelta finale, quando il monologo vira verso il manifesto del Movimento Panico fondato da Topor con Jodorwskj e Arrabal. Un omaggio. Affascinante. Ma anche una forzatura. Supportato dal crowdfunding, a questo Inquilino pare mancare un po’ di viscere. Autelli comunque si conferma regista elegante, colto. Ama trovare un proprio rassicurante equilibrio fra parola e tensione estetica. A volte come titubante nel timore di eccedere. Manca forse un reale azzardo dove giocare con se stessi e il pericolo di non piacere. Topor poteva prestarsi al difficile compito. Ma è come se fosse rimasto a metà del guado. E, si sa, gli azzardi a metà non valgono.