dal: 06-10-2015 al: 11-10-2015
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Le sorelle Macaluso

Stagione 2015-2016
Di Emma Dante
Regia di Emma Dante
Cast Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Davide Celona, Elena Borgogni, Italia Carroccio, Leonarda Saffi, Marcella Colaianni, Sandro Maria Campagna, Serena Barone e Stephanie Taillandier
Una produzione Compagnia Sud Costa Occidentale, Festival d'Avignon, Folkteatern – Göteborg, Teatro Stabile Di Napoli e Théâtre National / Bruxelles
Recensione di: Claudia Cannella Voto 4

Una donna vestita di nero danza nel silenzio. Maria Macaluso, prima di sette sorelle di cui si celebra il funerale, ma lei non lo sa. È l’immagine che apre e chiude lo spettacolo di Emma Dante, un’ora in cui è racchiuso l’universo mondo con un andamento circolare in cui la vita insegue la morte e viceversa. Eppure non c’è disperazione, bensì un desiderio, un tentativo di ricomporre gli estremi e riconciliarsi con se stessi. E con chi si ama.

Non è un caso infatti che una delle frasi chiave, pronunciata dalla madre in italiano (il resto è dialetto siciliano e barese), suoni «Avete tutte torto e avete tutte ragione, sempre, ma vi dovete volere bene». Oppure che nel finale, quando Maria, che si è denudata danzando e finalmente indossa il tutù tanto desiderato da bambina, dica, prima di morire: «quello che mi piace più di tutto è la fine… con nu bellu sorrisu», mentre si inchina a ricevere applausi immaginari.

Si pensa subito a Vita mia, il capolavoro della Dante, anche se si percepisce subito che, in queste Sorelle Macaluso, il lutto è vissuto con una diversa maturità, che sfuma in malinconia il dolore della perdita. Soprattutto di quella contro natura che vede i genitori sopravvivere ai figli, i fratelli ai fratelli. Anche in quella Sicilia dove con il confine tra vita e morte è spesso labile e ai defunti si dà dignità di vivi, oppure il contrario. Ma intanto, in quell’ora scarna e intensissima, è trascorsa come un soffio la vita di tutta una famiglia. Sette sorelle, un nipote, un padre e una madre.

Dieci attori straordinari. Avanzano dal fondo, nella prima scena, materializzandosi lentamente dal buio come fantasmi (le luci perfette di Cristian Zucaro, una drammaturgia nella drammaturgia). Si compattano, si scompongono, marciano fino a presentarsi allineati a recitare frontalmente la loro storia come in mpalermu. Per cinque di loro in proscenio ci sono scudi, spade e croci: combattono come Pupi, orgogliosi guerrieri di un’umile esistenza, segnata dalla fatica e dalla miseria, ma pur sempre dignitosa. Con la morte a fare lo sgambetto beffarda ad Antonella, annegata per un pericoloso gioco da bambini durante l’agognata gita domenicale al mare, o al nipotino novello Maradona senza sapere di essere cardiopatico. Si piange, si ride, si litiga, ci si rinfaccia colpe, si condividono ricordi, ci si vuole bene nella famiglia Macaluso. Si muore, ma anche si vive. Nonostante tutto. Nonostante la parmigiana fatta con una sola melanzana tagliata fine fine debba bastare per tutti, nonostante Katia la ribelle sia stata mandata in un istituto di suore, bocca in meno da sfamare, nonostante il padre sbarchi il lunario sturando a mani nude i cessi di una discoteca.

Emma Dante ritorna ai suoi archetipi e al suo dna, ma tutto è ormai solo e soltanto suo, meravigliosamente suo, che si tratti della schiera ereditata dall’apprendistato con Vacis, di certi gesti alla Pina Bausch, della sicilianità della lingua, dei Pupi o di Pirandello (come non pensare ai Sei personaggi o ai Giganti della montagna per quel mondo di vivi e di morti che chiedono di essere rappresentati?). E di quella famiglia ci si innamora perdutamente, nella buona e nella cattiva sorte, di cui è sintesi struggente quel lunghissimo abbraccio danzato tra il padre e la madre, entrambi in sottoveste bianca, a ritrovarsi con infinita tenerezza tra le pieghe di una vita infame.