dal: 14-02-2017 al: 19-02-2017
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: LA PRIMA, LA MIGLIORE

Stagione 2016-2017
Di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari
Regia di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari
Cast Davide Berardi, Gabriella Casolari e Gianfranco Berardi
Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Recensione di: Michele Pascarella Voto 3

La prima, la migliore, il nuovo spettacolo della Compagnia Berardi-Casolari è costituito da una giustapposizione di scene, montate con sapienza artigianale e accomunate da un tema, la Prima Guerra Mondiale, e da uno stile marcatamente espressivo. All’inizio un cantante, accompagnandosi con la chitarra, intona melodie in lingua siciliana, mentre Gabriella Casolari gli arrotola una benda bianca attorno alla testa e al polso sinistro, che subito colora di rosso. A seguire Gianfranco Berardi in giacca nera, camicia gialla e bombetta pronuncia, con tono da imbonitore, un accorato discorso a tema politico. Da  qui si dipana un ritmato racconto in cui Berardi alterna narrazioni belliche in prima e terza persona, mentre Casolari è impegnata in azioni di servizio, contrappunti e brevi intermezzi comici. Lo spettacolo pare esplicitamente intento a demolire il “Mito dell’Esperienza della Guerra”, rifiutandosi di guardare al conflitto come a un evento positivo, finanche sacro: un punto di vista con cui non si può non essere d’accordo. La partitura fisica è molto coreografata, con gesti che illustrano il racconto delle fatiche e dello strazio che quella esperienza ha portato con sé. A partire dal romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale di Eric Maria Remarque, i due autori hanno composto un testo a tratti (inevitabilmente?) enfatico, che a momenti vira verso un immaginario quasi filmico. In accompagnamento maschere antigas, bandiere, rumore di bombardamenti, elmetti, lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi ed Ederlezi di Goran Bregovic. La prima, la migliore si propone con un linguaggio, e su un tema, che arrivano ai molti. Qui sta la forza dello spettacolo, ma anche il suo contrario. Quale lingua non consumata si potrebbe (dovrebbe?) costruire per avvicinarsi a una tragedia così smisurata?