Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30
*Sala soggetta a cambio d’orari.
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SCHEDA SPETTACOLO: ISABEL GREEN
Ci sono parecchi buoni motivi per non perdere Isabel Green.
Il primo è Maria Pilar Pérez Aspa. Con questo monologo che il drammaturgo Emanuele Aldrovandi e la regista Serena Sinigaglia le hanno cucito addosso scrivendo e riscrivendo testo e partitura scenica, ci regala una delle sue migliori prove d’attrice. Per adesione al personaggio, per sensibilità espressiva, per ricchezza di variazioni emotive.
Dunque, siamo al Dolby Theatre, è la notte degli Oscar, Isabel Green ce l’ha fatta. Dopo sette nomination, stringe finalmente in mano l’agognata statuetta, manca solo il canonico discorso di ringraziamento. Fasciata in un sontuoso abito rosso, il mondo ai suoi piedi, anziché trionfare Isabel crolla, annientata dalla folle corsa che l’ha portata a raggiungere l’obiettivo svuotandola di tutto il resto. Non dice quello che dovrebbe, non vuole più scendere dal palco, divaga, tenta di ricomporsi, perde di nuovo il controllo: come un’onda la sommergono pensieri inconfessabili, sensi di colpa per gli affetti sacrificati alla carriera, paure che nessun successo può compensare.
L’ansia da prestazione che induce allo sfruttamento di sé senza più bisogno di coercizioni esterne non è un problema da star di Hollywood, è una delle emergenze del contemporaneo. Aldrovandi si tiene alla larga dal pericolo di un testo a tesi con morale. Il suo copione è il diagramma di una disfatta parossistica, che Serena Sinigaglia modula con precisione sulla scena, disegnata da Maria Spazzi, come una grande stella nera accartocciata. Fuori e dentro il flusso di coscienza, Pilar Perez Aspa si avventura sulle montagne russe di una dichiarazione di sconfitta che tiene insieme comico e tragico, invettiva e confessione pubblica, rabbia e un’immensa tenerezza per questa donna spezzata dall’eccesso di pretesa verso se stessa. Applausi.