dal: 19-01-2016 al: 31-01-2016
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: IL VIZIO DELL’ARTE

Stagione 2015-2016
Di Alan Bennett
Regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
Cast Alessandro Bruni Ocaña, Elio De Capitani, Ferdinando Bruni, Ida Marinelli, Matteo de Mojana, Michele Radice, Umberto Petranca e Vincenzo Zampa
Una produzione Teatro Dell’Elfo
Recensione di: Claudia Cannella Voto 4

Un testo (quasi) perfetto, come Il vizio dell’arte, è più facile da mettere in scena o ti si può ritorcere contro come un boomerang? È più facile solo se si dispone di una compagnia che, in tutte le sue professionalità, funziona come un meccanismo a orologeria, che è capace di coltivare il gruppo e le individualità, a qualunque generazione appartengano, con cura e passione. Come quella dell’Elfo.

Ecco allora che, dopo il successo di The History Boys, il miracolo si ripete. Ancora con una commedia di Alan Bennett, Il vizio dell’arte, decisamente più complessa della precedente quanto a costruzione drammaturgica, ma altrettanto formidabile nel tenere in equilibrio intelligenza di contenuti, divertimento, commozione, qualche pizzico di retorica volutamente naif e dialoghi davvero strepitosi, a cui si perdona la sovrabbondanza di finali. Peccato veniale. Scritta nel 2009 e ambientata proprio nel londinese National Theatre, dove poi ha debuttato, Il vizio dell’arte racconta, con un abilissimo gioco di “teatro nel teatro”, di una compagnia che sta provando una pièce, Il giorno di Calibano, in cui si narra l’incontro tra due “mostri sacri”: il poeta Wystan Hugh Auden e il compositore Benjamin Britten. Amici che non si vedevano da vent’anni, sono ormai vecchiotti e malandati, ma pur sempre capaci di qualche illuminante zampata sul senso e sull’intreccio tra vita e arte. Auden si sente un venerato monumento, ma troppo lasciato in disparte dalla vita culturale; Britten sta cercando di completare faticosamente una delle sue ultime opere, Morte a Venezia.

Ferdinando Bruni, che interpreta il primo (e firma una regia impeccabile insieme a Francesco Frongia), ha per le mani il ruolo principale e se lo indossa, divertito e bravissimo, come un abito su misura: il suo Auden è brutto, sporco e simpaticamente velenoso, però curioso, travolgente e anticonformista, anche rispetto alla conclamata omosessualità, su cui spende battute fulminanti. Elio De Capitani, invece, lavora magistralmente tutto “in levare” per il suo Britten sempre molto controllato, politically correct e ben integrato nel sistema. Ma in scena Bruni e De Capitani sono anche i due attori del National Theatre che stanno interpretando i due grandi artisti. E lo stesso fanno gli altri (nei ruoli dell’autore, del direttore di scena, del suggeritore, dei tecnici, ma anche dei personaggi che circondano Auden e Britten: i domestici, il marchettaro, il biografo, i mobili parlanti ecc.) in un intrigante sovrapporsi di piani “nobili” (la riflessione su vita e arte) e più “popolari”, come la perfida descrizione delle idiosincrasie di ogni compagnia teatrale che si rispetti. Risultato: un gioco di squadra che vale quanto le prove dei due mattatori, continuamente rintuzzati, con ritmi e tempi comici perfetti, da tutti i comprimari, impegnati in più parti sotto la guida affettuosamente carismatica dell’“aiuto regista” Ida Marinelli.
Lo spettacolo è stato votato come “Spettacolo della stagione” dal pubblico, conquistando il Premio Hystrio Twister 2015.