dal: 27-11-2019 al: 22-12-2019
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: Il nipote di Wittgenstein

Stagione 2019 -2020
Di Thomas Bernhard
Regia di Patrick Guinand
Cast Elisabetta Piccolomini e Umberto Orsini
Una produzione Compagnia Umberto Orsini
Voto 4

Il nipote di Wittgenstein, diretto da Patrick Guinand, in scena al Piccolo Teatro Grassi dal 27 novembre al 22 dicembre, la recensione che Ugo Ronfani scrisse nel 2002 ci sembra ancora oggi adatta a descrivere uno dei capolavori della compagnia Umberto Ordini

Ormai le serate teatrali da ricordare sono rare: una ragione in più per fissare nella nostra memoria di spettatori la performance assolutamente straordinaria di Umberto Orsini in Il nipote di Wittgenstein. Un testo non teatrale – un romanzo in forma di monologo – che diventa teatro puro.
Il ritratto del grande misantropo austriaco Thomas Bernhard che ci provoca con la sua follia “sotto controllo” messa a confronto con quella, irrimediabile, di un dandy finito in manicomio, il barone Paul Wittgenstein. Una confessione alluvionale in cui l’attore “è” l’autore e in cui anche noi spettatori ci troviamo a frugare nella segatura delle nostre nevrosi mentre un metronomo interiore scandisce il tempo della vita, fra lo strappo di un violino e alcune misure di Beethoven. La tensione fra il silenzio devoto di una governante (Elisabetta Piccolomini) che comunica con il silenzio e lui, il Grande Misantropo, che macina ricordi e invettive senza comunicare se non con se stesso, o col fantasma del barone pazzo. Tutto questo e altro ancora è Il nipote di Wittgenstein, la cui regia è affidata a uno dei migliori specialisti del teatro di Bernhard, il francese Patrick Guinand. L’intelligenza del testo è assoluta: il regista sa scavare nel cuore di un uomo che ha scelto di vivere come in un blocco di ghiaccio, nella campagna austriaca, e mette in luce tutte le vibrazioni della pagina di Bernhard, dai banali accadimenti di una giornata ordinaria all’angoscia metafisica di una reclusione volontaria. Tutto questo diventa – nel soliloquio di un’ora e mezza – una cerimonia teatrale ai confini del nulla, eppure ancora gonfia di linfa vitale. E lo diventa grazie a un Umberto Orsini che con la sua maturità di attore, in un corpo a corpo con il testo sterminato, cedendo progressivamente all’umanità nascosta sotto gli umori e le invettive, resistendo e abbandonandosi al flusso della memoria, continuando a marciare verso il Golgota della solitudine, compie il miracolo di comunicare, nel finale patetico del giorno che muore, il disperato bisogno di continuare ad amare la vita che, nonostante tutto, era in Bernhard. Appena, alla fine, l’attore riesce a non essere sopraffatto dalla commozione, e con lui il pubblico, che lo applaude moltissimo. (Ugo Ronfani)