dal: 20-02-2017 al: 26-02-2017
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: FRATTO X

Stagione 2016-2017
Di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
Regia di RezzaMastrella
Cast Antonio Rezza e Ivan Bellavista
Una produzione RezzaMastrella - Fondazione TPE – TSI La Fabbrica dell'Attore Teatro Vascello
Recensione di: Laura Bevione Voto 3.5

«La spensieratezza va stroncata sul nascere»: così esordisce lo spettacolo Fratto_X di Antonio Rezza, al solito irriverente e pirotecnico. E, in effetti, le molte risate che accompagnano i fulminanti sketch dell’attore-autore tradiscono un’incontenibile amarezza. La realtà è attraversata impietosamente dallo sguardo lucido e disincantato dell’artista e traslata in un habitat – fantasiosamente creato dall’inseparabile compagna di lavoro Flavia Mastrella – dove diviene surrealtà, soltanto in apparenza pacificata. Due innamorati che s’interrogano sulla natura del sentimento che li unisce, trascurando le inenarrabili perversioni di lui; una coppia che gioca a imitarsi l’uno con l’altra mentre marito e moglie litigano perché lui dà la voce a lei, che si limita ad aprire la bocca. In un simile contesto la comunicazione è un’utopia e l’incomprensione prensione, ovvero l’annullamento dell’uno a opera del più forte, una perniciosa costante. Ci si arrabbia ma è più facile lasciare parlare altri al posto nostro e accontentarci di guardare in tv l’ennesima replica di un inutile adattamento dei Fratelli Karamazov. Rezza è impietoso verso i media più popolari, denunciandone l’opera di intorpidimento delle menti che, dunque, cadono vittime dell’onnipresente ansia. Ed è davvero uno dei momenti migliori dello spettacolo questa antropomorfizzazione dell’ansia: non uno stato d’animo al limite della patologia bensì un concretissimo fantasma che imprigiona e impedisce il movimento. Ma sono tante le carceri in cui – più o meno volontariamente ovvero consapevolmente – ci troviamo rinchiusi: il desiderio sessuale, il luogo in cui siamo nati – la desolata conclusione di Rita da Cascia, si ama non per sentimento ma per “residenza” – persino il nome di battesimo. E i lunghi teli che costruiscono sulla scena spazi claustrofobici e rigidi costumi rendono materialmente visibile quella prigione in cui tutti noi siamo segregati, deprivati del nostro legittimo diritto alla spensieratezza.