dal: 23-10-2018 al: 04-11-2018
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: FINALE DI PARTITA

Stagione 2018 -2019
Di di Samuel Beckett
Regia di Andrea Baracco
Cast Glauco Mauri e Roberto Sturno
Una produzione Compagnia Glauco Mauri Roberto Sturno
Recensione di: Francesco Tei Voto 0

A quasi 88 anni Glauco Mauri approda, finalmente, a Finale di partita – già messo in prova, anni fa, con Roberto Sturno, ma mai portato poi in scena – ritenendosi ora, e solo ora, all’altezza del testo più denso e forse più importante di Samuel Beckett. E, con la regia di Andrea Baracco, ci offre (naturalmente) una grandissima prova d’interprete, sia pure rileggendo il drammaturgo irlandese in una chiave, diciamo così, umanistica, rendendolo “classico”, quanto commovente. Certo, in questa messa in scena c’è tutto quello che ci dev’essere: l’ironia sarcastica, i rimandi al gioco teatrale (da varietà, quasi), la disperazione desolatamente definitiva e senza appello di questa “full immersion” nel Nulla apocalittico (non tanto di un ipotetico dopoguerra nucleare, ma piuttosto del vuoto senza senso che è la vita umana); ci sono le allusioni, esplicite, agli scacchi (il titolo inglese Endgame, lo ricordiamo, è esclusivamente un termine tecnico del gioco), allusioni visibili già nel modo di muoversi – o di non muoversi – di Clov e di Hamm, immobile sulla sua sedia-trono da re decaduto. Il Beckett di Mauri è senz’altro meno allucinato, meno desertificato e grottesco. In questo disperato panorama umano emerge una carica di profonda e toccante umanità, lirica, culminante nel finale in cui Hamm recita anche – ed è una scelta di grandissimo effetto – le didascalie del testo quando l’azione, lentamente, si spegne. Qui, l’assurdo radicale e straziato di Beckett incontra (significativamente) il romanticismo ottocentesco dei Lieder del Viaggio d’inverno di Schubert, lancinanti nella loro dolente, accorata poesia (in particolare Der Leiermann, “l’uomo dell’organetto”). Siamo in apparenza lontanissimi dalle ultracontemporanee – o almeno moderne – atmosfere beckettiane; eppure, con Mauri, questo accostamento funziona, e ci sembra svelare di colpo nuove possibilità liriche di Finale di partita. Azzeccata la scelta registica di chiudere Nagg e Nell non nei canonici bidoni della spazzatura, ma in gabbie come da polli o galline, affidando inoltre i due ruoli ad attori (nudi, a mostrare la decadente corporeità dei due personaggi) molto, molto più giovani (soprattutto Elisa Di Eusanio) del loro figlio Hamm. Sturno punta nel suo Clov sul dare l’impressione di un personaggio continuamente in difficoltà, fuori posto, forzato, inadeguato quasi a mettere in pratica i continui ordini di Hamm (spesso contraddittori e comunque privi di senso); raggiunge, però, una nervosa, tesa intensità drammatica nella parte finale del dramma, in particolare nell’abissale, doloroso monologo di Clov.