dal: 14-02-2017 al: 26-02-2017
Terminato
Via Rovello, 2, Milano
Tel: 848 800 304
Orari:

Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.

Prezzi: 12 < 32 €

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SCHEDA SPETTACOLO: FEDRA

Stagione 2016-2017
Di Seneca
Regia di Andrea De Rosa
Cast Anna Coppola, Fabrizio Falco, Laura Marinoni, Luca Lazzareschi e Tamara Balducci
Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione e Fondazione Teatro Stabile di Torino
Recensione di: Laura Bevione Voto 3.5

Consapevole della difficoltà di una messa in scena filologica della tragedia classica, vanificata dall’impossibilità di una finale catarsi, il regista “filosofo” Andrea De Rosa inserisce la propria Fedra – che contamina il testo senechiano con estratti dall’Ippolito di Euripide e dalle Lettere di Seneca stesso – in una cornice didascalica ed ermeneutica, incarnata dalla figura di Afrodite-Venere. Costei, Anna Coppola avvolta in un completo maschile di velluto rosso, scarmigliata e tutt’altro che “fatale”, è il presunto deus ex-machina della vicenda ma anche coro – cinico e ghignante, solo apparentemente simpatetico – e portavoce del regista allorché ricorda al pubblico che non esistono più dei ma soltanto uomini, responsabili in tutto delle proprie azioni. La vicenda di Fedra, vittima del furor che la spinge a bramare l’algido figliastro Ippolito, diviene una sorta di paradigma dell’incapacità degli esseri umani di sottomettere istinti e brame alla razionalità e a quelle limitazioni indispensabili alla convivenza.
Così i momenti-chiave della tragedia avvengono all’interno di un cubo di plexiglass trasparente che occupa il centro del palcoscenico, mentre su un lato, in proscenio, c’è lo sgabello di Afrodite fronteggiato da vari microfoni; e, sull’altro, aste sormontate da maschere in gesso prive di lineamenti, dietro le quali si celano Teseo, prigioniero nell’Ade e, dopo la sua orrenda morte, Ippolito. La struttura centrale, invece, pare una sorta di gabbia per cavie, un luogo dove si sperimenta la capacità degli uomini a resistere a se stessi.
Tutt’altro che scientifica è, tuttavia, la regia, che richiede interpretazioni dai toni spesso esasperati – ben rese dall’intero cast, adeguatamente forsennato, spietato, dolente – amplificando il pathos con una colonna sonora angosciosa, con quello schizzo di sangue che, nel finale, sporca un lato della struttura in plexiglas e con le membra distaccate di Ippolito raccolte in un cassettone di plastica e il torso issato su sottili aste di acciaio.
È la deriva dell’uomo in preda ai propri istinti, dimentico delle responsabilità che il tramonto degli dei ha issato sulle sue spalle.