SCHEDA SPETTACOLO: FAMILY AFFAIR

danaeFestival-milano-in-scena
Stagione 2016-2017
Di Anna de Manicor e Anna Rispoli
Regia di Anna de Manicor
Cast Adele Groppiero, Andrea Cavallari, Anita Cavallari, Anita Mennuni, Claudia Toniolo, Cristina Castignola, Cristina Cotterchio, Donato Manniello, Emma Vallana, Eva Mallana, Evangelia Kopidou, Fausto Pisani, Francesca Bonelli, Francesco Mennuni, Giorgia Maretta, Mercedes Casali, Michela Oleotti, Sergio Candreva, Sveva Mennuni, Tino Palestra e Vincenzo Mennuni
Una produzione Network Open Latitudes Bologna e ZimmerFrei Bruxelles
Recensione di: Ilaria Angelone Voto 3

Con Family affair Zimmerfrei, collettivo artistico italo belga, nato intorno alla film maker Anna de Manicor,al musicista Massimo Carozzi e alla regista Anna Rispoli, lavora su un materiale vivo costituito dalle storie reali delle persone. Il progetto ha a Milano la sua prima tappa italiana dopo aver toccato Lille e Valenciennes in Francia, Gand in Belgio, Varsavia, Budapest, Torres Novas (Portogallo) e Losanna.
Il format è un esempio di teatro documentario: la compagnia seleziona un numero di famiglie, lavora con loro per tre settimane, quindi porta in scena con gli stessi partecipanti gli esiti di una ricerca che è insieme artistica e sociale. Obiettivo è restituire la fotografia di un luogo a partire dal nucleo originario di ogni società complessa, la famiglia, nelle sue numerose declinazioni. A Milano la compagnia è stata ospite di Olinda, ad Affori, periferia nord-est milanese, dove cinque famiglie hanno aperto case e vite, raccontandosi. Famiglie molto diverse, dalla classica genitori-figlio-figlia, a quelle più complesse dove troviamo zii che fanno da padri, cugini che si considerano fratelli, coppie di amici conviventi e non, multi generazionale e multiculturale (ma non multietnica). Raccontano tic, manie, abitudini, ricordi, rivelando frammenti della complessa rete di relazioni che legano una comunità. A costruire lo spettacolo, gli stessi protagonisti della ricerca che, armati di microfono e cuffie, si raccontano, in una drammaturgia in presa diretta sulla vita alternando immagini video riprese nelle case dei partecipanti, e poi fotografie, brevi dialoghi, frammenti del questionario compilato da tutti. L’esito è un’istantanea della società, che, come tutte le fotografie, non restituisce la realtà, ma solo un frammento molto parziale, quello isolato dallo sguardo di chi l’ha scattata e che agli spettatori spetta ricomporre e integrare. Esperimento interessante. Viene in mente 100% Stadt dei Rimini Protokoll.
Il limite, dal punto di vista drammaturgico, sta proprio nella stessa natura non performativa dell’oggetto scenico. Portare in scena i protagonisti delle storie raccontate (bambini inclusi) implica prevedibili imprecisioni, distrazioni. Un montaggio più meditato avrebbe forse alleggerito una prima parte molto lunga e statica dove si alternano le immagini fisse in video di tutti i protagonisti, uno dopo l’altro, seduti a occhi chiusi mentre un familiare parla per loro live al microfono, dicendo un testo  che ascolta in cuffia. Ci si perde un po’ nella ricostruzione dei rapporti, nelle storie raccontate che non sempre aprono altri mondi. Si fatica a tenere le fila. Alla fine, l’impressione è di aver di fronte un materiale grezzo che richiede ancora di essere elaborato per pervenire a compimento in un oggetto capace di attivare pienamente il nostro intelletto.