dal: 12-01-2016 al: 17-01-2016
Terminato
Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Tel: 02 0066 0606
Orari:

Sala Shakespeare: MAR-SAB: 20:30 / DOM: 16:30
Sala Fassbinder*: MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:00
Sala Bausch: MAR-SAB: 19:30 / DOM: 15:30

*Sala soggetta a cambio d’orari.

 

 

Prezzi: 13,50 < 33 €

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SCHEDA SPETTACOLO: DECAMERONE. Vizi, Virtù, Passioni

Stagione 2015-2016
Di Giovanni Boccaccio liberamente tratto dal "Decamerone"
Regia di Marco Baliani
Cast Fonte Fantasia, Mariano Nieddu, Naike Anna Silipo, Salvatore Arena, Silvia Briozzo e Stefano Accorsi
Una produzione Nuovo Teatro con Fondazione Teatro della Pergola-Teatro dellaToscana
Recensione di: Milano in Scena Voto 0

Lo spettacolo è stato visto da due contributors di Hystrio, che hanno valutato lo spettacolo in modo diametralmente opposto. Eccovi allora, secondo la consuetudine di Hystrio, il Pro&Contro …

PRO
Dopo l’Orlando Furioso, Marco Baliani e Stefano Accorsi affrontano il Decamerone, in uno spettacolo in cui il teatro di narrazione si accompagna alla “rappresentazione” tradizionale, alla recitazione di attori che interpretano in scena dei personaggi; sia pure animandone molti in pochi (solo sei, compreso Accorsi che ha un ruolo a metà tra il narratore-affabulatore – è il “Maestro di Brigata” – e l’interprete di alcuni personaggi delle novelle). Con in scena un carro-furgone colorato, scenografia di fortuna, aperto o anche chiuso, e casa viaggiante di quello che si finge un gruppo di moderni Comici dell’Arte, il brillante “collettivo” di interpreti – scelti, evidentemente, con oculatezza – dà forma a un gioco teatrale felice, grazie alle loro ottime qualità, alla loro versatilità, vitalità ed energia (comica ma non solo).

Accorsi, molto più a suo agio qui che nei due spettacoli sull’Orlando, è un primus inter pares, il capitano di questa “squadra” teatrale che se le cava bene anche nel ridar vita alle novelle meno ridanciane, d’argomento cortese o drammatico. Nel dipanarsi festoso del gioco scenico, questo Decamerone, fresco e comunque godibile, lascia intravedere il suo rifarsi costante, anche se sotterraneo, a due forti punti di riferimento: il primo è il film di Pier Paolo Pasolini (pure lontano come atmosfere, ma presente come modello e come fonte di ispirazione), il secondo è la matrice da teatro di figura e da teatro-ragazzi che lascia tracce nell’impostazione di alcune parti dello spettacolo e nel suo linguaggio scenico e drammaturgico: e non solo nella sua chiave esplicativa e “didattica”.

In ogni caso, nel copione del lavoro di Baliani si proclama in modo esplicito il senso e il valore del Decamerone come affermazione del bisogno di evadere – con la fantasia, con l’inventiva, con l’eticità stessa dell’arte e del teatro – da un mondo colpito, anche adesso, dalla peste: non più quella del Trecento, certo, ma quella, altrettanto devastante, della corruzione e della disonestà. Francesco Tei

CONTRO
Non bastava il povero Ariosto, ora tocca anche a Boccaccio. Sull’Orlando furioso la strana coppia Marco Baliani-Stefano Accorsi ci sono tornati ben due volte. Nel primo caso la presenza di Nina Savary, nel secondo quella dello stesso Baliani, unite all’essenzialità del teatro di narrazione e a fascinose confezioni sceniche (di Bruno Buonincontri e di Mimmo Palladino), mitigavano i limiti di un’operazione interessante, ma fatalmente ambiziosa. Molto peggio va con il recente Decamerone, dove Baliani rimane “solo” drammaturgo (con Maria Maglietta) e regista. Scelta infelice.

La squadra di attori in scena, capitanata da Accorsi nelle vesti di narratore, non va oltre la pur generosa prova di una filodrammatica (senza nulla togliere ai filodrammatici). È vero che in fondo mettono in scena proprio questo: una compagnia di guitti in giro su un torpedone sgangherato, che è un po’ casa e un po’ teatro, a rappresentare di paese in paese alcune novelle di Boccaccio, fra corna, suore vogliose e gelosie omicide. Ma tutto pare raffazzonato. La lingua del Boccaccio semplificata ad usum populi. Costumi senza un’identità precisa, che si rifanno in parte all’epoca dell’autore, insieme a un camper da fricchettoni anni Sessanta.

Tutto rimane in superficie, è gioco didascalico facile e ammiccante, dove neanche per un attimo, dietro la storiella scollacciata, emerge l’angoscia di quel gruppo di persone che, in esilio volontario dal mondo, ingannavano il tempo raccontandosi novelle per sfuggire alla peste, reale o metaforica che fosse. E a scongiurare l’insipienza dell’operazione, che neanche diverte, non aiuta Accorsi, che recita come in un saggio di fine anno (ma dove è finito il bravo attore che avevamo visto ne Il dubbio?). Certo, mamme e figlie sono in visibilio davanti al sorriso luminoso del divino Stefano, durante lo spettacolo parte di straforo qualche flash e fuori dal camerino non manca la rituale richiesta di selfie e autografi. Ma Boccaccio è un’altra cosa. E anche il teatro. Claudia Cannella