Martedì-mercoledì-giovedì-venerdi-sabato ore 20.30
Domenica ore 16.00
Domeniche di giugno ore 17.00
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SCHEDA SPETTACOLO: DAS KAFFEEHAUS
Alla fine dei “formidabili” anni ’60, Rainer W. Fassbinder si prese la briga di mettere le mani su Carlo Goldoni, riscrivendo, estremizzando, carnevalizzando il comico- serio dell’originale settecentesco. Rivediamo oggi quell’esperimento grazie a Veronica Cruciani, che lo ha allestito per la Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, cui si aggiunge Graziano Piazza. E ci accorgiamo quanto Das Kaffeehaus – uno scherzo neoespressionista – sia estraneo alla drammaturgia “forte” di Fassbinder: quella melodrammatica, che culminerà nemmeno due anni dopo in Le lacrime amare di Petra von Kant. Questa Bottega, dove la sola “sostanza illegale” che circola sembra il sesso, è invece testimone di un tempo in cui l’economia (anche quella dei corpi) comincia a tradursi in finanza rapace: passioni, ambizioni, dipendenze ridotte a neutro valore monetario. Perciò ogni volta che nel testo di Goldoni si parla di zecchini, i personaggi di Fassbinder si affrettano a convertirli in euro, sterline, dollari, decimali compresi. La nuova Venezia che ospita tali traffici è una metropoli levantina dove le lingue, la clandestinità, i peccati si intrecciano, dissimulati dalle maschere di un Carnevale che nello spettacolo strizza un po’ l’occhio a Eyes Wide Shut, in cui Kubrick carnevalizzava, appunto, Schnitzler. Ma Fassbinder è un po’ più laido. Anche se poi Cruciani, con saggezza, riabilita Don Marzio (Francesco Migliaccio) scoprendone l’inedita umanità, e spreme una cattiveria d’acciaio dal biscazziere Pandolfo (Graziano Piazza). Mentre costringe gli altri a inesorabili dipendenze. In Das Kaffeehaus la principale è quella da gioco d’azzardo. Che mette appena appena in ombra la schiavitù d’amore, nei maschi e nelle femmine. La scenografia ambigua, immersa in una penombra acquatica, riunisce bottega, bisca e bordello. Mentre a condurre il gioco perverso è un’aria musicale di Follia (nella versione trascinante di Jordi Savall) che si converte via via nell’hip hop psichedelico degli Underarchivers. Della Venezia di Goldoni rimangono soltanto i nomi: Ridolfo, Flaminio, Lisaura…