Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo sono: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.
Calcola percorso
SCHEDA SPETTACOLO: CREDOINUNSOLODIO
Esistono infiniti modi per raccontare l’orrore. I media hanno scelto quello più facile, immediato: la spettacolarizzazione.
Intelligentemente, Stefano Massini ne sceglie un altro: la sua verbalizzazione. La perifrasi di ciò che l’ha generato e poi alimentato. Non già dal punto di vista dell’uno, ma di tutti gli attori coinvolti, i carnefici, le vittime, i testimoni. Prende corpo così questo Credoinunsolodio, composto nel 2010.
La struttura, è presto detta: uno spettacolo di narrazione aperto, diviso non in uno ma in tre, diversi monologhi. Quello di Shirin Akhras, studentessa palestinese legata alle brigate Al-Qassam e votata al martirio. Quello di Eden Golan, la professoressa di storia ebraica che non vuole cedere all’odio, e che lo scoppio di una bomba rende insicura nelle proprie convinzioni. Quello di Mina Wilkinson, americana trapiantata, che di quella guerra non capisce le ragioni e che tutto vorrebbe, meno che restare.
Tre idee, tre visioni che per un po’ Massini tiene separate – come separate sono le esistenze di chi le governa -, con intelligenza alternandole. E che poi mescola, una volta giunti sull’anfiteatro dell’orrore, quello che una volta veniva chiamato luogo della catarsi: il bar di Rishon-Lezion a Tel Aviv. Senza, è vero, troppo attardarsi nella descrizione delle dinamiche psicologiche che muovono le tre donne, tanto è lontana, incomprensibile per noi quella mentalità. Ma, piuttosto, puntando sulle forze imperscrutabili, Fato o Caso che dir si voglia, che lega i destini delle persone, spesso costringendole alla rovina, col plus di un “coro” – la soldatessa americana – che a quei fatti non sa o non può dare alcuna spiegazione.
In forza anche della buona prova della Mandracchia, della Toffolatti e della Torres, ecco, allora, che lo spettacolo recupera il gap.
Almeno, a livello delle intenzioni, e nonostante la regia – altrimenti didascalica, con quel le concessioni all’incubo, la ricostruzione del bar e delle macerie, la mancanza di un più convincente disegno coreografico – delle tre autrici-interpreti.